C’è uno spread molto più insidioso di quello sui tassi d’interesse: è il divario crescente tra realtà e conoscenza. Lo ha colto bene, più di tanti altri, un giovane e bravo giornalista come Alessandro Luna. D’altronde basterebbe leggere i dati disponibili.

In Italia secondo il Censis in dieci anni è triplicata la spesa per gli smartphone, è aumentata del 33% l’audience sul web, mentre la quota di popolazione che usa stabilmente i social è giunta al 72,5%. Nello stesso periodo, i lettori di giornali si sono dimezzati e meno di un abitante su due ha aperto un libro negli ultimi dodici mesi. Non va meglio nel settore cruciale della formazione. Lo si evince dal Rapporto Istat da cui si emergono tre aspetti da brividi: siamo il paese in Europa con meno laureati sulla popolazione (20%); si sta riducendo la ricerca di posti ad alta specializzazione rispetto a tutti gli altri paesi europei, come anche l’impiego nei settori ad alta tecnologia è agli ultimissimi posti nell’Ue; continua a calare la spesa in ricerca e sviluppo. Da analizzare in particolare questo ultimo punto. Nel 2015 la spesa totale per ricerca e sviluppo sostenuta in Italia è stata pari a circa l’1,3% del Pil contro la media comunitaria di poco superiore al 2%.

L’intensità di R&S dell’economia italiana è inferiore rispetto ai principali paesi europei tranne la Spagna (1,2%). Il divario è particolarmente ampio per le imprese (meno dello 0,8% rispetto a oltre l’1,3% dell’Ue), ma sussiste anche per l’Università e i centri di ricerca pubblici. 

 

In questo contesto difficile si innesta il boom della formazione fai da te, un processo quasi (per ora) inarrestabile che abbiamo analizzato in un convegno della Società Dante Alighieri e nella edizione romana della Scuola d’Europa. Su accoglienza, razzismo, xenofobia e persino storia dell’Europa, si è ormai diffusa una neonata coscienza, sviluppata in rete, che si potrebbe definire “ignoranza artificiale”. Così come l’intelligenza robotica offre oggi spazi innovativi quasi illimitati, la decostruzione del sapere che avviene su internet, a volte attraverso mirate iniziative di disinformazione, genera milioni di potenziali ignoranti di nuovo conio che a quel punto non hanno più bisogno di sfogliare un libro o un giornale per autodeterminate le proprie convinzioni.

Si prenda il caso emblematico degli immigrati, da tempo protagonista del dibattito nazionale per la linea dura del ministro degli Interni Matteo Salvini. Secondo i dati Eurostat, in Italia la popolazione straniera residente è di poco superiore al 6% del totale e ben sotto la media europea, così come le richieste d’asilo nel nostro paese sono inferiori al 7%, ma ciononostante la “percezione” di questa quota sale oltre il 24% perché due italiani su tre sono convinti di assistere ad un’invasione, vittime di una minaccia fantasma smentita dagli stessi numeri del Viminale che da mesi mostrano un crollo degli sbarchi quest’anno. 

Un altro esempio è anch’esso dibattuto molto in questo momento: il ruolo della Bce, del suo Presidente Mario Draghi e la perduta potestà monetaria. Nonostante il Quantitative Easing abbia messo in sicurezza oltre 300 miliardi di euro di Btp, dopo esser passato sotto le forche caudine dell’ostilità della Bundesbank, e avendo superato il vaglio della Corte Costituzionale tedesca e della Corte di Giustizia Europea, gli attacchi del vicepremier Luigi Di Maio al suo ideatore stanno facendo passare l’idea tra gli italiani che sia vero l’esatto contrario e cioè che il Qe dell’Eurotower sia un freno all’economia italiana invece che un paracadute per il Tesoro. Diversamente non si spiegherebbe il motivo per cui solo il 44% degli italiani considera ancora fondamentale la partecipazione all’Unione Europea quando dal 1957 ad oggi tale adesione ci ha ricondotto nel mondo delle grandi potenze dopo le macerie della guerra.

Si potrebbe andare avanti all’infinito, passando per il dibattito sui vaccini killer, la campagna per le blande e nefaste terapie anticancro, le teorie complottiste sull’11 settembre o quelle negazioniste dell’Olocausto. Tutti simboli di una realtà virtuale figlia appunto di questa insidiosa ignoranza artificiale e della conoscenza su misura, ma soprattutto, come mostrano le suddette statistiche, effetto concreto degli scarsi investimenti in cultura e formazione nel nostro paese. 

Siamo ad una nuova linea del Piave che nessuna agenzia di rating ci indicherà mai. Non possiamo più permetterci passi indietro sulle certezze acquisite e questo sarà possibile solo se torneremo a capire di esser fatti per seguir virtute e conoscenza. Un cammino che non si interrompe nella mezza età dantesca ma va avanti per tutta la vita.