L’Unione Europea costituisce un mosaico di processi e politiche che agli occhi dei cittadini talvolta può risultare ostico, complesso. Proprio per questo e in vista dell’appuntamento elettorale dell’8 e 9 giugno 2024, La Nuova Europa, in collaborazione con la redazione de LoSpiegone, vuole dedicare uno spazio di approfondimento ai grandi quesiti sul funzionamento delle istituzioni. Europa al voto nasce così, come un progetto editoriale che permette a lettori e lettrici di ripartire dalle basi e dissipare la “nebbia informativa” attraverso un’analisi dettagliata delle questioni più rilevanti.

Questo primo articolo è a cura di Damiano Mascioni e Alberto Pedrielli.

 

La Commissione europea nasce nel 1958, a seguito dei Trattati di Roma che sancirono la fusione fra CECA, CEE e Euratom in un’unica organizzazione sovranazionale, la Comunità economica europea. Questa rappresenta il braccio esecutivo dell’attuale Unione europea, col ruolo di favorirne l’interesse generale, promuovendo la legislazione e assicurandosi, assieme alla Corte di Giustizia europea, che il diritto europeo venga correttamente applicato dagli Stati membri.

Il ruolo della Commissione

Insieme al Consiglio europeo, il Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento europeo, la Commissione è tra le istituzioni elencate nell’art. 13 del Trattato sull’Unione europea. Tali istituzioni partecipano, con ruoli differenti, al processo decisionale dell’Unione e tutte orientano, attraverso le rispettive funzioni, la sua vita e i suoi indirizzi politici. 

La Commissione, la cui sede si trova a Bruxelles, presso il palazzo Berlaymont, è l’organo dell’Unione cui spetta il potere di proporre le leggi al Parlamento  e al Consiglio dell’Unione europea. Tale potere dà alla Commissione un’influenza notevole nel determinare l’indirizzo politico dell’Unione.

La Commissione si compone di un gruppo di 27 commissari (uno per ciascuno Stato membro dell’UE) sotto la direzione del presidente della Commissione, che assegna le diverse competenze politiche. Il collegio dei commissari, rinnovato ogni 5 anni, è costituito dal presidente della Commissione, dai suoi otto vicepresidenti, inclusi i tre vicepresidenti esecutivi e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e dai 18 commissari incaricati dei rispettivi portafogli.

La gestione quotidiana delle attività della Commissione è svolta dal suo personale (giuristi, economisti, ecc.), organizzato in vari servizi noti come direzioni generali (DG), ciascuna responsabile di uno specifico settore politico.

La presidenza della Commissione

L’elezione del presidente della Commissione avviene dopo che il Consiglio europeo – formato dai capi di stato e capi di governo – propone al Parlamento un candidato. Le compagini e i gruppi parlamentari europei solitamente presentano un loro candidato alla presidenza, chiamato Spitzenkandidat. Tuttavia non è scontato che sia uno di questi a diventare il vertice della Commissione. 

Nel 2019, Ursula von der Leyen non era la candidata proposta dal Partito Popolare Europeo, ma è stata eletta al posto dello Spitzenkandidat Manfred Weber. Dopo un intenso giro di negoziati tra le forze popolari e socialdemocratiche, il suo nome ha avuto la meglio.  

Il presidente viene in ogni caso proposto in base alla configurazione del Parlamento – che rappresenta il risultato delle elezioni dirette in ciascun Stato membro – venendo scelto all’interno del gruppo parlamentare più rappresentato in aula. Per essere eletto, il candidato deve poi essere confermato dalla maggioranza assoluta dei voti dei membri del Parlamento.

Nomine e deleghe nella Commissione

Scelti dal presidente, i commissari devono essere approvati dal Consiglio europeo. Ogni aspirante commissario deve in seguito presentarsi alla commissione parlamentare competente riguardo al portafoglio per cui viene proposto. 

Una volta che i futuri commissari ricevono il via libera dalla commissione parlamentare di riferimento, allora si procede con l’approvazione del collegio nel suo complesso tramite votazione parlamentare. La nomina ufficiale dei membri avviene però, dopo la votazione parlamentare, in seno al Consiglio europeo.

La ripartizione delle deleghe tra i commissari è simile a quella dei ministeri negli esecutivi nazionali. In funzione della delega ricevuta, a ciascuno di loro fanno capo una o più direzioni generali riguardanti specifici settori. 

La Commissione è responsabile davanti al Parlamento europeo, che ha il diritto di approvare o respingere l’intera leadership. I membri rimangono in carica fino alla fine del mandato quinquennale. L’unica ipotesi di interruzione immediata del mandato è quella delle dimissioni d’ufficio che possono essere decise dalla Corte di Giustizia, su istanza, a maggioranza semplice, del Consiglio o della stessa Commissione, quando un membro di questa “non risponda più alle condizioni necessarie all’esercizio delle sue funzioni o […] abbia commesso una colpa grave” (art. 247 TFUE).

La Commissione nelle crisi 

Jean Monnet, uno dei padri fondatori dell’UE, ha scritto che “l’Europa sarà forgiata nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni adottate per quelle crisi“. Negli ultimi decenni, le crisi vissute dall’Unione e dagli Stati membri sono state molteplici. Al punto che molti autori hanno sottolineato come lo stesso concetto sia stato progressivamente svuotato della sua enfasi retorica.

La “crisi” in effetti è diventata uno dei principali fili conduttori degli sviluppi sociali e geopolitici che ci circondano. Seguendo le orme di Monnet, proprio in questo periodo critico l’Unione è cambiata, con le istituzioni di cui si compone che hanno vissuto una trasformazione più o meno ampia. Data la sua centralità nell’architettura comunitaria, non deve sorprendere se alcuni tra i maggiori cambiamenti hanno riguardato proprio la Commissione. In questo, un ruolo chiave l’ha giocato anche la leadership di Ursula von der Leyen. 

La Commissione e la pandemia 

Tra le sfide che l’UE ha dovuto affrontare in questi cinque anni, una delle più difficili è stata senza dubbio la pandemia da Covid-19. La rapida diffusione del virus entro i confini europei a partire dal gennaio 2020 ha portato le istituzioni a sviluppare una risposta congiunta su più livelli. 

La Commissione è stata in prima fila nel dettare l’agenda pubblica europea. Del resto, l’organo ha importanti competenze in materia di sanità pubblica e gestione delle crisi. Solo per fare un esempio, da un lato la Commissione è responsabile delle relazioni con l’OMS; dall’altro fa parte del meccanismo di risposta politica integrata alle crisi (IPCR) dell’UE, utilizzato per la prima volta nel 2015 per la crisi migratoria.

In realtà, la Commissione ha anticipato la dichiarazione dell’OMS, delineando le azioni che avrebbe dovuto intraprendere l’Unione per affrontare la crisi. Muovendosi in autonomia rispetto al Consiglio europeo, ha mobilitato risorse per affrontare l’emergenza, ha attivato meccanismi di protezione civile e reindirizzato i finanziamenti nella ricerca. 

L’approvvigionamento congiunto di vaccini e la creazione del fondo Next Generation sono avvenuti entrambi su iniziativa della Commissione, che ha spinto per rilanciare un ruolo proattivo del potere pubblico sui fronti sociale ed economico. 

La Commissione e la guerra in Ucraina 

Tra i momenti spartiacque di questo mandato, vi è anche l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, iniziata nel febbraio 2022. Se nel campo della strategia e della sicurezza dell’UE, la Commissione ha avuto storicamente un ruolo debole, la guerra ha contribuito a quella che è stata definita come una vera e propria svolta geopolitica. 

Uno degli strumenti con cui l’UE ha reagito all’invasione – come già fatto nel 2014 – sono state le sanzioni rivolte alla Federazione russa. Di fronte all’escalation militare del 2022, la portata dell’azione è però notevolmente aumentata. La Commissione è stata determinante nel proporre i pacchetti, nonché nel coordinare l’azione politica a livello transatlantico con il maggiore alleato europeo, ovvero gli Stati Uniti. 

Parallelamente, la Commissione si è messa all’opera per uno sviluppo della sicurezza e della difesa. Uno dei capisaldi della visione è l’approvvigionamento congiunto in ambito militare, che ricalca il modello seguito per il Covid-19 in merito ai vaccini, oggi in cima alle priorità. La strategia europea per l’industria della difesa (EDIS) e il programma europeo per l’industria della difesa (EDIP), con cui la Commissione propone di acquistare congiuntamente gli armamenti e ampliarne la produzione, possono essere visti come un ulteriore passo avanti nel processo di integrazione. 

Quale futuro per la Commissione?

La Commissione negli ultimi anni si è trovata sempre più al centro delle dinamiche dell’Unione, in prima linea nella risposta alle sfide che hanno attraversato i Paesi europei. L’organo esce da questo mandato con un ruolo sempre più ampio e, di riflesso, anche tante aspettative. 

In un’epoca di sfide transnazionali e globali, le cui pesanti conseguenze sono sempre di più sotto gli occhi di tutti, le istituzioni europee e così anche la futura Commissione avranno come primo compito quello di rinsaldare la fiducia tra autorità e cittadini. Portando avanti un processo di integrazione che, nato da una crisi, non ci si vuole più ritrovare. 

 

Fonti e approfondimenti