di Roberto Sommella
(tratto dal suo intervento su Milano Finanza)

In Europa e nel mercato globale nessuno si salva da solo. In Germania il governo sta facendo di tutto per mettere in sicurezza i suoi colossi bancari, Deutsche Bank e Commerz, anche con matrimoni oltre frontiera un pochino affrettati. In Francia l’esecutivo tentenna tra il mantenimento di una grandeur economica e l’esigenza di aprire nuovi sbocchi di mercato. L’Italia ha un’economia più contendibile (forse anche troppo) di quelle di Berlino e Parigi ma aziende che da tempo guardano oltre i propri confini, facendosi. Eppure tra questi colossi non c’è nessun patto di crescita condivisa strutturale. Si va avanti con accordi bilaterali, come l’Intesa di Aquisgrana alleanze possibili che naufragano, quali le nozze fallite tra Renault e FcaQuesta mancanza di sinergia, soprattutto tra Francia e Italia, rende tutta l’Unione più debole. I numeri e la storia sono lì a dimostralo. 

Sul primo punto basta guardare la bilancia commerciale per rendersene conto. Tra i sette paesi più rilevanti per l’economia italiana, subito dopo gli Stati Uniti c’è la Francia, al primo posto per i legami finanziari, conclamati da una presenza invasiva nella penisola nel settore del lusso, nelle banche e nell’agro-alimentare, al secondo per l’interscambio commerciale, al terzo per gli investimenti diretti esteri e per la cooperazione tecnologica. La globalizzazione rende questi legami ancora più centrali, sebbene negli ultimi anni il rapporto si sia molto sbilanciato a favore dei cugini, lesti ad acquistare i migliori marchi del made in Italy e molto più chiusi nel caso contrario, come Fincantieri e tante altre aziende nostrane sanno bene da anniDal canto suo l’Italia è ormai fortemente integrata nel tessuto connettivo europeo ed è dunque un partner fondamentale per chiunqueIl 60% delle sue importazioni proviene dagli altri paesi dell’Ue e il 56% dell’export è invece ad essi destinato; questa interconnessione delle esportazioni è stata crescente, grazie all’allargamento dell’Unione, tanto che la loro incidenza sul Pil negli ultimi 20 anni è passata dal 13 al 18%. Stesso discorso per la finanza. I due terzi degli investimenti esteri diretti e di portafoglio nella penisola provengono poi dai paesi europei, che a loro volta ricevono il 60% di quelli italiani.

Sicuramente francesi e italiani sono molti diversi ma possono cooperare, cambiando però i rapporti di forza. I primi sono abituati a comandare, tanto che lo stato controlla aziende importanti come EdfAirFrance, Airbus, EngieNavalThales e, appunto, Renault. Gli italiani hanno fatto invece in vent’anni 200 miliardi di euro di privatizzazioni, smontato completamente lo Stato padrone, a volte svenduto i propri gioielli. Ma sono molto competitivi grazie alle loro Pmi, un asset che in transalpini non hanno. Insomma sono sistemi complementari. 

Le ragioni politiche che sottendono ad un necessario rapporto tra Parigi e Roma sono ancora più radicate nel tempo. I francesi hanno dato un contributo fondamentale all’Unità d’Italia, sono stati poi alleati nella Grande Guerra e nemici nella Seconda, infine insieme a noi hanno fondato l’Unione Europea. Parafrasando quanto affermato dal commissario Pierre Moscovicila porta a Ventimiglia deve restare sempre ‘’aperta’’, non solo per i migranti e per ragioni contabili comunitarie, ma perché conviene ad entrambi i paesi, dal punto di vista industriale e finanziarioCosa accadrebbe se queste frontiere tra Francia e Italia tornassero? Chi vincerebbe la partita? Nessuno. Senza di loro l’Europa politica non c’è. Senza di loro il mercato unico si dimezza. 

Il tempo spiegherà cosa è accaduto davvero tra Renault e Fcama è probabile che sia anche mancato un filo diretto tra Eliseo e Palazzo Chigi, troppo divisi in questo momento cruciale in cui si vanno componendo gli assetti futuri di tutti i vertici comunitari. Bisogna andare oltre rapidamente e questo deve essere chiaro anche al governo guidato da Giuseppe Conte. Occorre superare le polemiche congiunturali. Non è più tempo di dividersi sull’immigrazione e sulle proteste dei gilet gialli, queste contrapposizioni devono finire nel cassetto e devono essere bandite posizioni subordinate. Le operazioni ‘’stand alone’’ non funzionano più, in fabbrica come in politica. Questo vale per Roma come per Parigi.