di Roberto Sommella
(Dal suo blog su HuffPost)
L’Europa probabilmente avrà un Parlamento a trazione ortodossa con una maggioranza retta da Popolari, Socialdemocratici e Liberali, ma pensare che questa tornata di elezioni comunitarie sia stata un successo per le forze europeiste sarebbe un errore fatale. La realtà che emerge dai vari dati nazionali è ben altra: le forze sovraniste si rafforzano un po’ ovunque. In Italia, in Francia, in Gran Bretagna, in Germania, in Ungheria, in Polonia e in Grecia i partiti eurocritici hanno mietuto consensi a danno delle formazioni tradizionali.
E visto che l’Unione Europea la guidano i governi, l’Europa sarà meno europeista, per il semplice motivo che saranno gli esecutivi e non l’aula di Strasburgo a decidere il Presidente della Commissione Europea, il Presidente del Consiglio Europeo, il Presidente del Parlamento Europeo e il numero uno della Banca centrale europea. Insomma, chi guiderà l’Ue nei prossimi cinque anni. Lì si faranno i veri giochi sulla base del voto espresso da un europeo su due e considerato l’ormai infuocato clima sociale che consta di ben 118 milioni di cittadini a rischio di esclusione sociale. Chi penserà a queste istanze? Chi proverà a riformare l’Unione creando uno schema che vada oltre Maastricht e ponga le basi per uno Stato sociale europeo? Le formazioni europeiste non sono riuscite a tirare fuori un’idea riformista dell’Europa, si sono appiattite sull’idea dei partiti nazionalisti di cambiare senza avere un vero progetto. Merkel, Juncker e compagni pensano di riuscire a instaurare una tattica gattopardesca, ma non ci riusciranno. Il germe del sovranismo sta dando ampiamente i suoi frutti e le parole dei veri vincitori di queste elezioni, Salvini, Orbán e Le Pen, a cui occorre aggiungere Farage, stanno a dimostrarlo. Per questi leader, gli unici ad avere un’identità forte e a poter essere considerati carismatici, la risposta sarà sempre più un ripiegamento nei confini nazionali. Bruxelles può attendere e illudersi che basterà governare il cambiamento prima che sia il cambiamento a stravolgere i rapporti di forza che vanno ben oltre i numeri e gli scranni dell’assise comunitaria. Sarà una pia illusione che non considera cosa sta accadendo in tre grandi, cruciali, paesi del vecchio continente: in Inghilterra, in Francia e in Italia l’Europa non è più di moda. Questi sono i fatti.
Nel nostro paese poi il dato del successo della Lega presenta anche un aspetto ancora più interessante della Francia, dove Marine Le Pen ha battuto En Marche del Presidente Macron, perché con il suo successo alle regionali in Piemonte, il partito di Matteo Salvini ottiene una secessione di fatto del nostro paese. Andando a governare anche nel vecchio regno sabaudo, oltre a Veneto e Lombardia, la Lega controllerà tutto il Nord, una macro regione europea che rappresenta qualcosa come oltre il 30% del Pil italiano. Numeri da medio paese europeo. Numeri che devono far riflettere tutti i partiti italiani perché le prossime mosse del governo gialloverde saranno per forza misure a favore del mondo delle imprese, che così tanto hanno premiato la formazione del ministro degli Interni, dalla Flat Tax al disboscamento della burocrazia. Numeri che si riflettono infine su un’Europa stretta dai sovranismi, da oggi più debole nei fatti, al di là del bla bla dei tanti commenti che si susseguiranno sulla maggioranza raggiunta in Parlamento.
L’Ue sarà sempre di più una roccaforte assediata, più o meno quello che capiterà anche al Presidente francese Emmanuel Macron. Non basta essere competenti, saper far di conto, trovare le giuste alleanze. Serviva convincere milioni di europei che la strada della condivisione e dell’integrazione era l’unica e questo non è successo. Un dato che peserà come un macigno nei prossimi cinque anni perché l’Europa si muoverà come un’auto che sbanda in cerca di convergenza, con due ruote europeiste e due ruote sovraniste. L’equilibrio sarà sempre più precario.