di Pier Virgilio Dastoli (*) e Roberto Sommella (**)

Ha ragione Emmanuel Macron ad affermare che nel tempo delle tenebre l’Europa è nata in Italia
con il Manifesto di Ventotene. Ma sarebbe sbagliato fermarsi ai sacri testi e farsi dare la linea
dall’Eliseo, perché oggi nell’Unione siamo di fronte ad una inesorabile secessione. Le piazze
ribollono, con motivazioni differenti, ma colme della stessa rabbia. In Francia, Spagna, Albania,
Montenegro, Serbia, ma anche a Londra, dove si protesta contro la Brexit, e poi a Varsavia,
Budapest, Bucarest, decine di migliaia di cittadini manifestano preoccupati per la restrizione dei
diritti umani, proprio quelli che sono stati affrontati in primo luogo dal Trattato di Roma e poi
incardinati nella Carta di Nizza. Gli italiani che credono ancora nel progetto comunitario possono
quindi far sentire la loro voce di padri fondatori per ridare fiato a questi principi. Il Movimento
Europeo ha indirizzato a tutti i prossimi candidati un Decalogo di cose concrete da realizzare lungo
tre direttrici: Costituzione e Sicurezza, Politiche economiche e Riforme, Formazione.
Innanzitutto i partiti europei e quelli nazionali nei paesi dell’Eurozona devono assumere nei loro
programmi un preciso impegno per redigere nel nuovo Parlamento eletto la Costituzione di una
futura Comunità federale, che sia poi approvata attraverso un referendum popolare pan-europeo,
dove vengano sanciti i valori essenziali dello stato di diritto: la supremazia della legge,
l’eguaglianza, il pluralismo dell’informazione, la separazione dei poteri, i diritti fondamentali, le
diversità culturali. Nell’ambito di queste identità serve con la massima urgenza una politica europea
per le migrazioni che garantisca il diritto di asilo e obblighi gli Stati membri ai doveri
d’accoglienza, rinnovando la cooperazione con l’Unione Africana e la Lega Araba e promuovendo
un vero piano europeo di investimenti. Sul fronte invece della sicurezza interna dei cittadini,
occorre creare una dimensione europea nella lotta alla criminalità organizzata, alla corruzione e al
terrorismo transnazionali, gettando le basi di un diritto penale europeo, rafforzando i poteri della
Procura europea e creando un’Agenzia di intelligence comune, un Fbi europeo. Il tutto, ovviamente,
non può reggere senza una politica estera unica, che sia fondata su una sola voce dell’UE nelle sedi
internazionali e sul voto a maggioranza nel Consiglio.
Dal punto di vista industriale, occorre recuperare il terreno perduto. Bisogna attuare pienamente gli
obiettivi delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e affrontare nello stesso tempo i problemi
della digitalizzazione e dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che potrebbero avere effetti devastanti sull’occupazione. In un mondo in cui i nuovi monopoli digitali fatturano più di un intero
grande paese, godendo anche di paradisi fiscali nella stessa Eurozona, l’azione riformista dei
prossimi vertici comunitari non potrà poi prescindere dall’istituzione di forme di tassazione europea
degli over the top, dall’unione fiscale e dal completamento dell’unione bancaria, che non lasci soli i
clienti di fronte ai fallimenti del mercato. Sempre in questo contesto, il Mercato Unico deve poter
contare su strumenti antitrust nazionali ed europei indipendenti e rafforzati, che garantiscano i diritti
di 500 milioni di consumatori. Ma imprescindibile resta su tutto il versante economico il tema delle
disuguaglianze. E’ urgente adottare politiche e misure europee per superare gli strumenti economici
e finanziari adottati nell’UE dall’inizio della crisi, creare un welfare europeo e un mercato unico del
lavoro, insomma un Social compact che si contrapponga al Fiscal Compact. E per rendere più sicuri
i cittadini e i risparmiatori, va dato uno Stato all’euro. Di fronte ai grandi sconvolgimenti della
globalizzazione, la politica monetaria della Bce non basta più. È essenziale che l’UEM sia dotata di
un vero e proprio governo politico ed economico, perché finora la moneta unica è rimasta orfana di
un vero governo politico: dunque occorre creare degli strumenti finanziari per assicurare una
prosperità condivisa, costituire un Ministero Unico del Tesoro che emetta Eurobond, ipotizzare anche strumenti di imposizione europea come le transazioni finanziarie, che vadano a finanziare
politiche contro la disoccupazione.
Non si può però attuare nulla di questo programma senza radicare nelle fondamenta della nostra
società e tra i giovani il principio di cittadinanza federale, che rappresenta il terzo livello, quello
della formazione. Questo obiettivo può essere raggiunto rendendo obbligatorio nelle scuole di ogni
ordine e grado lo studio dell’educazione civica europea, dei trattati e della futura costituzione
europea, mentre vanno introdotti elementi essenziali di studio del diritto europeo in tutte le facoltà
universitarie. Solo così avrà ancora un senso parlare di Unione di diversità. Solo così l’Unione farà
la forza.

(*) Presidente del Movimento Europeo
(**) Presidente della Nuova Europa