Di Francesco Maselli, tratto dalla newsletter Marat

 

Italia e Francia hanno presentato quasi contemporaneamente i loro orientamenti per le prossime leggi di bilancio, una coincidenza che ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica italiana, che ha dedicato ampio spazio alla manovra francese e in particolare al suo deficit: il 2,8 per cento del Pil. In molti si sono limitati a dare la notizia senza approfondire, e il numero è stato subito ripreso da Luigi Di Maio, impegnato nelle trattative con il ministro dell’Economia per ottenere più margini di manovra per la sua legge di bilancio: “Se Macron fa il 2,8 perché non possiamo farlo anche noi? Dopotutto anche l’Italia è un stato sovrano”, ha detto il vice-presidente del Consiglio. Sulle conseguenze di lungo periodo che potrà avere questo numero in apparenza abbastanza incomprensibile torneremo probabilmente in futuro, quando la Commissione europea, che deve approvare o respingere le proposte finanziarie degli stati membri, boccerà la manovra italiana (che prevede un deficit del 2,4 per cento) e promuoverà quella francese. Per adesso, vista l’attenzione riservata da Luigi Di Maio e dal governo alle decisioni francesi, è bene provare a spiegare perché il paragone è fuorviante.

Come vedete, la Francia non è un paese paragonabile alla Germania per crescita economica, ma ha delle performance in ogni caso migliori delle nostre, disastrose da più di 10 anni (siamo l’unico paese europeo a non essersi ripreso dalla crisi del 2008).Come vedete, il deficit pubblico “hors mesures exceptionnelles” per il 2019 è pari all’1,9 per cento del Pil, se si aggiungono le due misure di cui sopra si arriva al 2,8 per cento. Il deficit pubblico nel 2020, 2021 e 2022 continua a scendere così come il debito pubblico, l’ultima riga in basso, che passa dal 98,5 per cento del 2017 al 92,7 per cento del 2022. Certo, nessuno impedirà a Macron di inventarsi altre misure eccezionali nei prossimi anni di mandato, ma per ora va giudicato quello che fa, e quello che fa non è una manovra in deficit per finanziare spesa corrente (l’orientamento del governo italiano).Cosa prevede, in breve, il resto della manovra? Per non appesantire troppo questa newsletter, possiamo riassumere le misure principali.1-I ministeri che guadagnano di più dalla manovra sono: il ministero della Difesa, che dopo varie incomprensioni con il presidente è riuscito ad ottenere l’aumento di risorse più importante di tutto il governo, con ben 1,7 miliardi di euro in più da spendere essenzialmente in ricerca e manutenzione/acquisto di mezzi (e la tendenza dovrebbe continuare per tutto il mandato di Macron); il programma solidarietà e inserimento, che riceverà 1,37 miliardi da dividere tra ministero della Sanità, sottosegretariato per le Persone portatrici di handicap e ministero per le Pari opportunità; il ministero dell’Istruzione, che vede le proprie risorse aumentare di 780 milioni di euro principalmente allocati alle scuole primarie.2-Quelli che hanno guadagnato di meno sono: il ministero del Lavoro, che perde 2 miliardi di euro per la cessazione di alcuni piani d’urgenza di sostegno all’impiego e per l’eliminazione dei “contrats aidés”, una misura molto utilizzata nel passato per abbassare il costo del lavoro dei contratti di inserimento o di formazione. La destra ha sempre criticato il loro utilizzo, considerandoli una forma di assistenzialismo (molti datori di lavoro erano amministrazioni pubbliche territoriali); il ministero per la Coesione territoriale, 1,1 miliardi di euro che andranno a colpire principalmente gli aiuti agli affitti di famiglie e studenti.3-Il governo ha previsto inoltre una diminuzione delle tasse per circa 6 miliardi di euro, al netto di alcuni aumenti. In effetti, i francesi beneficeranno della seconda tranche dell’eliminazione dell’imposta sulla casa (3 miliardi) e della diminuzione dei contributi sul lavoro (circa 6 miliardi). Misure compensate dall’aumento delle tasse sul carburante (1,9 miliardi), sul tabacco (0,4 miliardi), e dall’eliminazione del credito di imposta per la transizione ecologica (0,8 miliardi).A queste misure ne vanno aggiunte delle altre, che influiscono sul potere d’acquisto dei francesi a seconda della loro condizione sociale. In particolare, il governo ha deciso di non adeguare le pensioni all’inflazione (un risparmio notevole per lo stato, circa 3 miliardi, un po’ meno per i pensionati).Insomma se siete un pensionato che non vive in città e usa la macchina, fumate parecchio ed eravate già esonerato dal pagamento della tassa sulla casa che oggi è stata eliminata, avete parecchie ragioni di essere arrabbiato con Emmanuel Macron. Se invece siete una giovane coppia con contratto a tempo indeterminato, vivete in una grande città, non fumate e avete appena comprato una prima casa probabilmente voterete per lui alle prossime elezioni.

Le due manovre non sono comparabili, come dimostra una veloce lettura delle misure decise dal governo francese. Uno degli impegni presi da Emmanuel Macron è ridurre il deficit e il debito francese, e si può dire che grazie a una crescita economica abbastanza robusta per il 2017, e ancora positiva anche se in rallentamento nel 2018, l’obiettivo è centrato. Resta il fatto che i francesi avranno un deficit molto alto nel 2019, più alto di quello italiano. Il motivo, in realtà, è puramente contabile. Due misure già esistenti drogano le cifre presentate dal ministero dell’Economia, generando quello che è stato definito dagli economisti “l’anno nero di Bercy”, l’anno di transizione che aumenta artificialmente il deficit.

1-Il CICE, crédit d’impôt compétitivité emploi, è una misura creata nel 2013 dal presidente François Hollande, per cercare di aumentare l’occupazione. Si tratta di un credito d’imposta di cui possono beneficiare le imprese per diminuire il costo del lavoro e quindi assumere di più. Lo sconto è forte, 7 per cento in meno sui contributi per i salari fino a 2,5 volte maggiori del salario minimo (Smic), 10 per cento per i salari fino a 1,6 volte lo Smic. Il costo totale è di circa 20 miliardi di euro. Macron, come promesso in campagna elettorale, ha trasformato la misura da credito d’imposta a riduzione strutturale dei contributi. Questo vuol dire che per il 2019, e soltanto per il 2019, lo Stato francese dovrà rimborsare le imprese che hanno diritto allo sconto sui contributi nel 2018 (nel frattempo i contributi li hanno già pagati, e quindi vantano un credito nei confronti dell’amministrazione fiscale), e allo stesso tempo vedrà diminuire le sue entrate perché nel 2019 le imprese avranno direttamente meno contributi da pagare. Questa ridefinizione vale circa lo 0,7 per cento del Pil, che quindi si aggiunge al deficit generale.

2-Come avevo già accennato, i francesi dall’anno prossimo adotteranno il sistema di pagamento delle tasse con ritenuta alla fonte: finora ogni contribuente doveva provvedere da sé al pagamento delle imposte, dal 2019 vedrà invece le proprie tasse già prelevate in busta paga. Questo fa sì però che l’ammontare dovuto a dicembre 2019 verrà effettivamente contabilizzato nel gennaio 2020. A lungo termine non cambia nulla, perché quella cifra resta dovuta allo Stato, ma intanto sul budget del 2019 mancano 5,9 miliardi di euro, che appesantiscono ulteriormente il bilancio francese.