di Roberto Sommella

L’Italia vive un paradosso dal giorno delle elezioni europee: è retta da una maggioranza finita all’opposizione al Parlamento Ue e ha un’opposizione che è maggioranza a Strasburgo. Questo squilibrio, in vista dello scontro sul debito e sulla manovra con i futuri vertici di Commissione, Consiglio e Bce, dirette emanazioni del voto e dunque forze antagoniste dell’esecutivo Lega-Cinquestelle, ma attigue a Pd, Forza Italia e +Europa, finirà per fare del male al paese, perché qualcuno, tra maggioranza e opposizione, penserà tanto peggio tanto meglio. Come già avvenuto nel 1992 e nel 2011. Con i risultati di impoverimento e di aumento delle disuguaglianze che ben si conoscono.

E così dal sovranismo passeremo, di nuovo, alla sovranità limitata. Quando invece ci sarebbe bisogno di concordia e di sforzi comuni in un paese che vuole crescere e cambiare davvero l’Europa. Davvero sembra che la storia recente non abbia insegnato nulla.
Eppure, a dispetto di questa fase in cui un paese fondatore è retto da un governo euroscettico, l’Italia è ormai fortemente integrata nell’Unione Europea, nel mercato unico delle merci e dei capitali. . Il 60% delle nostre importazioni proviene dagli altri paesi dell’Ue e il 56% dell’export è invece ad essi destinato; questa interconnessione delle esportazioni è stata crescente, grazie all’allargamento dell’Unione, tanto che la loro incidenza sul Pil negli ultimi 20 anni è passata dal 13 al 18%. Stesso discorso per la finanza. I due terzi degli investimenti esteri diretti e di portafoglio nella penisola provengono poi dai paesi europei, che a loro volta ricevono il 60% di quelli italiani. Se si aggiunge il dato stimato dal Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che nell’ultima decade grazie ai tassi bassi il paese ha risparmiato 500 miliardi di euro sugli interessi, il quadro di una totale partecipazione dell’Italia alle sorti dell’Unione Europea e viceversa è evidente e irreversibile. Dipendiamo dal mercato unico e il mercato unico dipende da noi.

Questa matrice europea diventa ancora più forte se si vedono poi i finanziamenti che forniamo alla causa. L’Italia tra prestiti bilaterali e finanziamenti al fondo salva-Stati (Esm) impegna 58 miliardi di debito pubblico in più, ed è tra i primi contributori netti del budget stellato, avendo versato 12 miliardi di euro e incassato 9,8 nell’ultimo prospetto del 2017, che ci vede insieme a Francia (16,2 miliardi contro 13,5 incassati) e Germania (19,6 contro 10,9) tra i grandi elargitori europei. In tutto, le risorse lorde stanziate da Bruxelles nel periodo 2016-2020 sono state invece pari a 34 miliardi di euro, un numero consistente, a prescinderne dall’uso faticoso o inesistente che ne facciamo. Aiuti ricevuti: zero.

Questo è il nostro biglietto da visita, che può farci andare a testa alta in qualsiasi contesto europeo e di fronte qualsiasi altro paese, Francia e Germania comprese. Vogliamo finalmente farlo valere o desideriamo di restare ostaggio dei tecnici di Bruxelles?