Siamo già tutti macroniani senza sapere bene nemmeno che significhi. Matteo Renzi brinda all’elezione del giovane ex finanziere pensando di ripercorrerne la strada, quando si dimentica che ha governato quasi tre anni mentre il nuovo presidente della Repubblica francese era un ministro semisconosciuto di Hollande. Il Partito Democratico si mette in marcia come se fosse un movimento appena nato con alle spalle banca e finanza. Quasi tutti i commentari plaudono alla victoire, sognando un destino analogo per l’Italia e paragonando, almeno nelle aspirazioni, il nuovo inquilino dell’Eliseo a Barack Obama. E’ il solito provincialismo italiano. Nessuno che ricordi che lingua parlano i manager e i capi azienda di colossi nostrani quali Generali, Telecom, Unicredit e Mediobanca. L’Italia rischia di diventare una colonia francese e qui si rimane immobilizzati dalla macronite, nuovissimo minerale capace di bloccare ogni resistenza nazionale.
Eppure l’avvento del più giovane capo di stato della storia transalpina può essere letto anche in altro modo, mettendo insieme tanti tasselli, come ha fatto Andrea Montanari su  MF-Milano Finanza. Negli ultimi dieci anni le aziende francesi hanno completato 190 acquisizioni sul mercato italiano, investendo 50-55 miliardi. Banche (Credit Agricole e Bnp Paribas), moda&lusso (Lvmh e Kering), alimentare (Lactalis), energia (Edf), telecomunicazioni (Vivendi ) e risparmio gestito (Amundi) sono i settori nevralgici nei quali si è concentrata l’attenzione dei gruppi d’Oltralpe. Noti i Brand che hanno cambiato la terza tonalità del tricolore: Bnl, Cariparma, Friuladria, Gucci, Loro Piana, Bulgari, Fendi, Bottega Veneta, Edison e, più di recente, Pioneer. La lista fa paura, viene da chiedersi cosa sia rimasto se si aggiunge anche Telecom Italia, finita di fatto sotto il cappello di Vivendi, che ambisce col suo 29% ad influenzare anche Mediaset. E noi applaudiamo. Macron dirà alle sue truppe di ritirarsi? Domanda retorica.
Subito dopo aver parlato con Angela Merkel, l’uomo che non avrà vita facile in patria (si è beccato già le prime manifestazioni di piazza per la riforma del lavoro) dovrà quindi occuparsi dell’Italia, ma facendo gli interessi della Francia. Come giusto che sia e come nessuno in Italia parrebbe capire.
Il 39enne leader di En Marche! seguirà con attenzione l’evoluzione del gruppo Unicredit, ossia la banca più internazionale del sistema creditizio italiano. E non potrà ignorare il gioiello che a Parigi da sempre ci invidiano : Generali. Il Leone di Trieste continua ad essere uno scapolo d’oro. E come dimenticare il gioiello di Enrico Cuccia, quella Mediobanca che nel salotto buono ospita proprio Unicredit come primo socio al 13% e dove figura da tempo Vincent Bolloré (8%), finanziere e industriale legato all’ex banchiere di Rothshild.
Difficile che tutti questi legami non valgano più nulla solo in virtù del rinnovato spirito europeista di monsieur le President. Il mondo va avanti, ognuno fa quello che può cercando di puntellare la restante sovranità, ma solo noi italiani cerchiamo sempre un papa straniero che ci indichi la strada e la politica giusta. Quando avremmo da soli la capacità di fare meglio degli altri.