Forse c’è un motivo per cui, a differenza degli inglesi, che hanno appena annunciato la stampa di una banconota da 10 sterline con l’effige della celebre scrittrice Jane Austen, in Europa nessuna cartamoneta in euro ha ancora una donna come simbolo: nell’Unione il sesso femminile fatica a imporsi nel lavoro e nei posti di comando, in special modo in Italia, che è fanalino di coda. Figuriamoci se trova spazio nel simbolo per antonomasia di uno stato: la sua moneta.

Secondo gli ultimi dati Eurostat, infatti, il nostro paese è ultimo in Europa per numero di donne manager e secondo per la maggiore differenza salariale rispetto agli uomini. Ma in Ue non va meglio. I due terzi delle posizioni manageriali sono occupate da uomini (4,7 milioni contro 2,6 milioni) e nel caso inverso le manager percepiscono un quarto di stipendio in meno dei colleghi maschi.

Eppure basterebbe guardarsi intorno per scoprire che ci sono donne che contano eccome. Da Angela Merkel, cancelliera tedesca, pronta per un quarto incarico e leader indiscussa dell’Unione Europea, almeno fino all’avvento di Emmanuel Macron, a Theresa May, premier britannico, ora per la verità in difficoltà per la Brexit, da Janet Yellen, presidente della Federal Reserve americana, la banca centrale più importante al mondo a Christine Lagarde, numero uno del Fondo Monetario Internazionale. Chissà forse un domani toccherà a loro finire sulle banconote, come la Montessori sulle vecchie mille lire. Sarebbe il segnale della fine dell’età del maschilismo. O, per dirla con Austen, sarebbe la vittoria dell’orgoglio e la fine di un pregiudizio. Noi della Nuova Europa abbiamo già un’idea: la Bce dedichi i prossimi tagli in moneta unica a Simone Veil, già presidente del Parlamento Europeo e da poco scomparsa.

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