Altro che il braccio di ferro tra Roma e Parigi sull’acquisizione di Fincantieri dei cantieri Saint Nazaire, per cui ci sarà uno show down a Roma dopo il quale presumibilmente ognuno andrà per la sua strada. O lo scontro diplomatico, che trova le sue radici nella caduta di Gheddafi, su chi comanda in Libia. O le polemiche sui migranti rispediti con i cani a Ventimiglia.
Mentre giornali e commentatori si scaldano per ricordare a Emmanuel Macron che in Europa esiste uno stato di diritto e che le norme anti-scalata valgono solo per le aziende extra europee, gli stessi media sono zeppi di francesi che comandano nel nostro paese e nelle nostre aziende. E nessuno sembra farci caso, come se fosse ineluttabile. Jean Pierre Mustier in Unicredit, Philippe Donnet in Generali, Arnaud de Puyfontaine in Telecom Italia, per tacere del ruolo di Vincent Bolloré in Mediobanca, sono costantemente ritratti in lunghi articoli che raccontano le sorti delle multinazionali italiane. Ma lo sono ancora veramente italiane, nonostante i loro capi parlino la lingua di Napoleone e a breve presumibilmente anche le prime fila dei dirigenti? L’atteggiamento nostro ricorda proprio quello dei francesi quando si sentivano a riparo della linea fortificata Maginot. I tedeschi l’aggirarono senza sforzi. Fa paura elencare il numero di aziende in cui il socio di maggioranza è francese.
Pioneer (100% di Amundi), Grandi Stazioni (100% di Antin e soci), Telecom (23,80% di Vivendi), Mediaset (28.80% di Vivendi), Bnl (100% di Bnp Paribas), Cariparma (100% di Agricole), Parmalat (97% di Lactalis), Gs (100% di Carrefour), Bulgari, Sergio Rossi, Loro Piana (80% di Lvmh), Gucci, Brioni, Bottega Veneta (100% Kering), Edison (100% Edf), Acea (23,30% di Suez) fanno da contraltare alla campagna di Francia di Fincantieri e alla joint venture di Luxottica con Essilor (per quanto lo sarà?) e a pochissime altre operazioni.
Il mercato comune, checché ne dica Macron, che ora è attaccato da Le Figaro come da Le Monde per la sua campagna traditrice d’Italia, è divenuto da tempo una grande occasione d’acquisto per i francesi, unitamente ad una endemica incapacità gestionale dei manager e delle famiglie nostrane, spesso sollevate dalle scalate e dalle acquisizioni dei cugini d’Oltralpe. Meglio incassare piuttosto che combattere la globalizzazione. Fanno quindi sorridere i clamori di oggi, come gli strali dei ministri Padoan e Calenda contro i francesi cinici e bari. I buoi sono scappati da tempo dalla stalla e si sono trasformati in tante ‘vache qui rit’. France first, Italy second.