di Luca Arnaudo
Il 28 maggio scorso, in un’assemblea plenaria nella sede di Ginevra, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha adottato una risoluzione che esorta gli Stati membri a migliorare la conoscibilità dei prezzi di farmaci, dispositivi medici e nuove terapie geniche, nonché delle rispettive coperture brevettuali, di fatto in vista di una maggior efficienza dei mercati che consenta di garantire un più ampio accesso alle cure (qui il testo originale in inglese: http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato256193.pdf). Il documento, promosso dalla rappresentanza italiana, è stato al centro di un serrato confronto diplomatico tra parti favorevoli e contrarie che ha portato a una forte diluizione delle proposte iniziali: è infatti venuto meno l’impianto originario della proposta, incentrata sulla conoscibilità di costi (anche per R&D) e ricavi dei prodotti, con oneri di rivelazione direttamente a carico delle imprese, per passare a raccomandazioni circa una maggior trasparenza dei prezzi, implementabile in primo luogo da parte di amministrazioni pubbliche. Tale esito non toglie una rilevanza perlomeno segnaletica della risoluzione quanto al rapporto tra accesso alle cure e sostenibilità degli acquisti dei farmaci, e ciò in una prospettiva globale che risulta l’unica idonea a gestire in maniera opportunamente congiunta la portata universale dei diritti umani e le dinamiche commerciali di riferimento. Neppure va sottovalutato, si ritiene, come la tenzone ginevrina abbia fatto venire ben allo scoperto i diversi schieramenti e relativi orientamenti d’interessi, con effetti che andranno seguiti nel corso del tempo: per esempio, con la loro dissociazione
espressa dalla risoluzione le rappresentanze di Germania e Regno Unito si sono esposte a un “additamento” dalla portata inedita (esemplare in tal senso è la lettura critica resa dal quotidiano anglosassone The Guardian: https://www.theguardian.com/global-development/2019/may/28/uk-refuses-to-back-game-changing-resolution-on-drug-pricing. La stampa italiana generalista, al contrario, non pare aver dedicato alla questione l’attenzione che avrebbe meritato). L’accesso ai farmaci essenziali, ormai di rilevanza conclamata a livello politico globale, è anche al centro di un libro di recente pubblicazione, dove il tema viene trattato in una prospettiva molto affine a quella espressa dalla risoluzione dell’OMS.
La cura della concorrenza. L’industria farmaceutica tra diritti e profitti, questo il titolo del libro scritto da Giovanni Pitruzzella (già presidente dell’autorità antitrust italiana, ora avvocato generale presso la Corte di Giustizia UE) e dall’autore di questo articolo, si concentra infatti sul ruolo riconoscibile a dinamiche di mercato efficienti e non volutamente manomesse dalle imprese per garantire la più ampia disponibilità di cure, raccontando una serie di storie antitrust per così dire esemplari, dalla più nota saga dei farmaci Avastin e Lucentis vissuta in Italia alcuni anni fa, a vari casi di “pagamento per ritardo” (pay for delay) registrati in USA e Unione Europea, con cui i titolari di specialità dai brevetti in scadenza avrebbero
provato a tenere lontano dal mercato i produttori di versioni generiche. Non mancano neppure ricostruzioni sistematiche, a partire da indagini ufficiali orientate a vario titolo alla tutela della concorrenza, dei tanto controversi mercati dei vaccini, così come delle vicende legate ai nuovi farmaci anti-epatite C, che per i loro prezzi d’introduzione sul mercato hanno gettato nel panico più di un sistema sanitario nazionale, quello statunitense in testa. In sintesi, il libro è un tentativo di far filtrare un po’ di luce, a beneficio di un pubblico il più possibile ampio, sulle complesse dinamiche che regolano lo sviluppo dei farmaci, i loro costi e prezzi, così come i trucchi a cui le imprese possono ricorrere in proposito per aumentare i propri profitti (spoiler sulle conclusioni: quello della concorrenza è un ruolo importante ma limitato, apprezzabile in un contesto di più generali scelte politiche, e di conseguenza normativo-regolatorie, che perseguano in maniera effettiva la tutela dei diritti in gioco). Si riporta qui di seguito un estratto dell’opera, tratto dalle sue premesse.
“[…] Seppure presente da tempo nel dibattito pubblico, il tema dell’accesso ai farmaci è divenuto assai più pressante nel corso della “Grande Recessione” manifestatasi nel 2007. In un contesto di crisi, le tensioni di spesa a cui sono stati sottoposti i sistemi sanitari dei diversi ordinamenti nell’ultimo decennio hanno effettivamente raggiunto livelli allarmanti a fronte dei livelli dei prezzi di molti farmaci essenziali. Non solo, poi, hanno fatto scalpore i prezzi richiesti al momento del loro lancio commerciale per farmaci innovativi, ma anche quelli di prodotti già da tempo disponibili sul mercato – per i quali i costi di ricerca e sviluppo sono dunque già stati ampiamente assorbiti – hanno mostrato una diffusa tendenza ad
aumentare. […] La questione dell’accesso ai farmaci rappresenta un profilo tanto specifico quanto
fondamentale della crisi d’identità vissuta negli ultimi tre decenni da quel modello di welfare alla cui definizione le società culturalmente ed economicamente più avanzate si sono dedicate nel corso del secondo Novecento: un modello che ha tra i suoi caposaldi una sanità pubblica efficiente e inclusiva, di cui il Sistema sanitario nazionale (SSN) edificato in Italia, è bene ricordare, rappresenta uno dei casi di
maggiore successo a livello internazionale. Il fatto che tale crisi sia riconducibile almeno in parte a tensioni di spesa determinate da condotte d’impresa, ad esempio quando queste condizionino la disponibilità materiale di farmaci o ne impongano prezzi eccessivi, fa sì che assuma una particolare rilevanza ogni strumento in grado di consentire interventi correttivi. La disciplina della concorrenza, ovvero la possibilità d’intervento da parte di autorità pubbliche per garantire e promuovere dinamiche economiche che non siano distorte dal prevalere di interessi illeciti, è propriamente uno degli strumenti a disposizione degli ordinamenti contemporanei per impedire condotte d’impresa devianti e strutture di mercato inefficienti: uno strumento, per di più, dotato di flessibilità applicative e potestà sanzionatorie spesso notevoli. Nonostante tale condizione di potenza, a lungo è mancata rispetto al settore farmaceutico una corrispondente volontà, con la conseguenza che, per molto tempo, le attività di questo sono state interessate solo marginalmente da verifiche condotte ai sensi della normativa antitrust.
La situazione è cambiata a partire dagli anni Dieci del Duemila, con una successione d’interventi in vari ordinamenti che consentono ormai di rintracciare con sufficiente coerenza, rispetto alle peculiarità del settore, alcune linee di confine tra la legittimità degli interessi economici d’impresa e la debita delimitazione pro-concorrenziale delle condotte che questi interessi perseguono. A proposito di
condotte d’impresa, nelle pagine seguenti l’attenzione si concentrerà su intese e abusi di posizione dominante attraverso un’analisi di procedimenti tratti principalmente dalle esperienze giuridiche di USA, UE e Italia. […]”
L. Arnaudo, G. Pitruzzella, La cura della concorrenza. L’industria farmaceutica tra
diritti e profitti (Luiss University Press, 2019, 168 pp., euro 18.
https://www.luissuniversitypress.it/pubblicazioni/la-cura-della-concorrenza)