di Maria Pia Di Nonno con disegno di Giulia del Vecchio

Il 9 maggio 2021, nella sede del Parlamento europeo di Strasburgo, si dà ufficialmente avvio ai lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa. Un evento di evidente portata storica che intende – sulla base della Dichiarazione del marzo 2021, firmata dai rappresentati delle tre massime istituzioni dell’UE (Parlamento, Consiglio e Commissione) – aprire «un nuovo spazio di discussione con i cittadini per affrontare le sfide e le priorità dell’Europa. I cittadini europei di ogni contesto sociale e ogni angolo dell’Unione potranno partecipare, e i giovani europei svolgeranno un ruolo centrale nel plasmare il futuro del progetto europeo».

Molti sono i temi sul tavolo di discussione – digitalizzazione, sfide ambientali, equità sociale, solidarietà intergenerazionale, rafforzamento dei processi democratici dell’UE – da affrontare attraverso un concreto coinvolgimento di cittadine e cittadini. Una piattaforma digitale e multilingue, attraverso la quale rendere possibile questo dialogo, è stata già predisposta. È l’obiettivo ambizioso, ambiziosissimo, delle istituzioni europee: quello di promuovere un dialogo che parta dal basso e che coinvolga, in modo particolare, i giovani.

I tempi non sono maturi per dire se una piattaforma digitale, assieme ad altre azioni programmate o in fieri, sarà sufficiente per avvicinare cittadine/i all’UE e l’UE a cittadine/i. Questo sarà solo il tempo a decretarlo. Tuttavia se, invece di guardare al futuro, guardassimo al passato scorgeremmo alcune coincidenze storiche che sembrano rendere questo momento, uno dei piccoli passi in avanti auspicati nel Manifesto di Ventotene – come riportato nella celeberrima frase «La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà» – e da Robert Schuman nella Dichiarazione del 9 maggio 1950 «L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto».

La seconda coincidenza è rappresentata, invece, dal luogo di apertura dei lavori: la sede del Parlamento europeo di Strasburgo, edificio inaugurato nel 1999 – sotto la presidenza di Nicole Fontaine, seconda ed ultima donna a rivestire un tale prestigioso incarico – e dedicato alla politica e giornalista francese Louise Weiss. È proprio Louise Weiss, infatti, ad aprire in veste di decana la riunione inaugurale del Parlamento europeo che, per la prima volta in assoluto nel 1979, è eletto a suffragio universale. Ed è sempre lei ad avere l’onore di presentare all’Assemblea i risultati delle votazioni circa la designazione del primo presidente del Parlamento europeo eletto dai popoli della CEE: la francese Simone Veil, prima donna a coprire tale posizione.

Infine, la terza coincidenza. La Conferenza intende coinvolgere, soprattutto, la gioventù europea. E il 9 maggio 2021 cade un anniversario importante: la nascita di Sophie Scholl. Giovane europea, disposta a morire per difendere un’idea semplice, la pace tra i popoli europei. E Sophie questo lo fa con una semplicità e con una coerenza tale da destare, ancora oggi, stupore. Da lei impariamo che non è sempre necessario essere grandi e potenti per lasciare una traccia nella storia, non è necessario essere dei miti: è semplicemente necessario dare il proprio piccolo contributo; che a volte tanto piccolo non è. Sophie, e i giovani del gruppo La Rosa Bianca, ci insegnano dunque proprio questo: a non rimanere indifferenti verso il prossimo e verso il mondo che ci circonda.

Ma chi è Sophie Scholl? Sophie è una ragazza tedesca, nata il 9 maggio 1921 a Forchtenberg e trasferitasi, ben presto con tutta la sua famiglia, ad Ulma (una cittadina non lontana da Monaco). Sono i primi anni ’30: gli anni dell’ascesa di Hitler. Sophie, come gli altri suoi fratelli e sorelle, è inizialmente affascinata dall’immagine del Führer e si sente di dover dare, anche lei come giovane, un proprio personale contributo alla «grande causa tedesca». Ciò che la attrae particolarmente – come il resto dei suoi fratelli e sorelle – sono le belle e compatte colonne di giovani che marciano inneggiando al regime. Ecco dunque che, in breve tempo, tutti i figli e le figlie Scholl si ritrovano iscritti alla Gioventù Hitleriana. Un entusiasmo che non dura a lungo. Il primo ad avere dei sospetti è il fratello Hans, a causa del concatenarsi di una serie di spiacevoli avvenimenti.

In un’occasione, ad esempio, gli viene sfilato di mano, senza alcuna ragione e giustificazione, un libro che sta leggendo e scritto da autore che lui ama particolarmente. Un’altra volta, invece, gli viene proibito di suonare con la chitarra canti di altri popoli. Ed ancora. Una volta, scelto come portatore della bandiera durante un congresso del partito nazionalsocialista, viene deluso dal grigiore di quei cerimoniali grigi e uniformi. Ed è così che, lentamente, le perplessità degli Scholl diventano delle certezze. Per la prima volta i giovani di famiglia cominciano a riflettere sui continui ammonimenti del padre «Vorrei solo che procediate nella vita retti e liberi, anche se è difficile».

Intanto per Hans la vita cambia. Si iscrive a medicina a Monaco e poco tempo dopo viene inviato, come medico di campo, anche nella Campagna di Francia. Ma l’evento chiave di questa vicenda è rappresentato dal ritrovamento, nei primi anni ’40, da parte di Hans di alcune lettere ciclostilate nella buca delle lettere. Si tratta di estratti delle prediche del vescovo di Münster, Clemens August von Galen, che inneggiano alla presa di coraggio e responsabilità. Hans ne è colpito. Finalmente qualcuno che ha il coraggio di parlare.

Nel frattempo giunge a Monaco anche Sophie per iniziare i suoi studi. È lì solo da qualche settimana quando le capita tra le mani un volantino. È il primo volantino del gruppo La Rosa Bianca. Sophie divora il volantino e ne è entusiasta. Finalmente ci sono persone che hanno il coraggio di dire “no”. Diventa, però, molto meno allegra quando, nella stessa giornata, scopre che è stato il fratello – assieme ad alcuni amici – ad aver scritto e diffuso quel documento. Si tratta di uno sparuto gruppo di giovani a cui presto si aggiungono Sophie e il suo professore di filosofia, il professore Kurt Huber.

Dopo il terzo volantino il gruppo ferma per un periodo le proprie attività. Alcuni ragazzi vengono mandati sul fronte russo, in quanto studenti di medicina. Si ripromettono però, una volta tornati, di continuare la loro azione. Tornati, a Monaco, il gruppo mantiene la promessa fatta. Una notte i ragazzi imbrattano la Ludwigstrasse con una scritta Abbasso Hitler e l’ingresso dell’università con la scritta Libertà. La Gestapo è allarmata. Quale grande organizzazione si cela dietro La Rosa Bianca? Come riescono a distribuire volantini in varie città tedesche? Non pensano minimamente che dietro i volantini e la loro diffusione si nasconda una manciata di giovani. Si mettono, così, sulle loro tracce.

Intanto il professore Huber pensa ad un nuovo volantino, che poi sarà in realtà l’ultimo, interamente rivolto a studentesse e studenti. Arriva il giorno della diffusione delle copie del volantino n. 6. È il 18 febbraio 1943. Hans e Sophie portano i volantini, chiusi in una valigia, all’università. Prima dell’apertura delle aule lanciano dal secondo piano i volantini che cadono sul pavimento dell’atrio. Felici tirano un respiro di sollievo. È fatta, si dicono. Ma non sanno che occhi indiscreti, quelli del custode, li stanno osservando. Gli accessi all’università vengono immediatamente chiusi. La Gestapo arriva sul posto e li porta via per interrogarli. Anche Christoph Probst è arrestato nella stessa giornata.

Sono gli ultimi giorni di Hans, Sophie e Christoph. Anche altri esponenti come Alexander, Willi e il professor Huber vengono catturati, e uccisi, qualche tempo dopo. Un tratto però li accomuna, ed ovvero «la libertà, la serenità e la pace» con cui affrontano la morte. Sono in molti ad esserne colpiti, anche secondini e i funzionari della Gestapo.

Il 22 febbraio 1943 la sentenza è confermata. I genitori di fretta e furia si recano al Palazzo di giustizia, dove riescono a sentire solo il verdetto. La madre ha un mancamento e il padre ricorda che, prima o poi, ci sarà un’altra giustizia. Seguono delle ore intense e travagliate. Miracolosamente ai genitori è concesso un ultimo saluto, prima dell’addio finale. Hans viene portato via per primo. Prima di poggiare la testa sul ceppo grida «Evviva la libertà». Poi giunge Sophie che saluta la madre affermando «Ci siamo assunti la responsabilità di tutto, di tutto» e aggiunge «Questo smuoverà le acque». Segue poi Christoph che dice «Non sapevo che potesse essere così facile morire». Dopo qualche tempo, il Tribunale del popolo pronuncia altre condanne a morte e pene severe.

Si avvera, così, il triste sogno fatto da Sophie la sera prima di morire: «In una giornata piena di sole portavo a battesimo un bimbo che indossava una lunga vesta bianca. Per giungere alla chiesa dovevo percorrere un ripido sentiero di montagna. Ma portavo in braccio il bimbo saldamente e con sicurezza. Improvvisamente si aprì davanti a me un crepaccio. Ebbi appena il tempo di deporre il bimbo al sicuro al di là del crepaccio: poi precipitai nella voragine». Spiegava così quel sogno alla sua compagna di cella: «Il bimbo simboleggia la nostra idea, che si affermerà contro tutti gli ostacoli. Ci è stato concesso di esserne i pionieri, ma dobbiamo morire per essa prima di vederla tradotta in realtà».

Tuttavia, la loro storia non termina affatto in quella fredda giornata di sole. Perché quell’idea, continua a rimanere viva, e questo anche grazie al lavoro minuzioso fatto dalla sorella Inge Scholl che ne ha tramandato la memoria. In particolare tutte le citazioni, sino adesso riportate in questo breve ritratto di Sophie Scholl, sono tratte da Inge Scholl, La Rosa Bianca. Ma di che idea si tratta? Si tratta del disegno/sogno/idea di un’Europa unita e che ben trapela soprattutto dal quinto volantino di cui si riportano dei brevi estratti: «L’idea imperialista del potere, da qualunque parte essa provenga, deve essere resa innocua per sempre. (…) Solo attraverso un’ampia collaborazione dei popoli europei si può creare la base su cui sarà possibile una costruzione nuova. (…) Solo un sano ordinamento federalista può oggi ancora riempire di nuova vita l’Europa indebolita. (…) Libertà di parola, libertà di fede, difesa dei singoli cittadini dall’arbitrio dei criminali stati fondati sulla violenza: queste sono le basi della nuova Europa».

Mi piace l’idea di terminare questo articolo con una domanda, una riflessione che la stessa Inge Scholl si pone in apertura del suo libro La Rosa Bianca e che condivido: «(…) Ma possiamo veramente chiamarli eroi? Non hanno fatto nulla di sovrumano. Hanno difeso una cosa semplice, sono scesi in campo per una cosa semplice: per i diritti e la libertà dei singoli, per la loro libera evoluzione e per il loro diritto a una vita libera. (…) Il vero eroismo consiste forse proprio nel difendere con costanza la vita quotidiana, le cose piccole e ovvie, dopo che si è parlato troppo di grandi cose». 

 Il coraggio di Sophie e della Rosa Bianca ci lasciano in eredità una testimonianza e un insegnamento semplice e che travalica spazio e tempo: ognuna ed ognuno di noi, nel proprio piccolo, può e deve fare la differenza.