Chi può bussare a quest’ora di sera?

sarà uno scherzo un amico e chi lo sa
no non alzarti chiunque sia si stancherà

Cantava Lucio Battisti in Innocenti evasioni e il brano e il suo titolo non fa che tornare in mente, altra citazione, in questi giorni. Perché il fisco bussa di nuovo alla porta della coscienza degli italiani.

Sicuramente ci sono i cambiamenti climatici e tutto non è come prima sul pianeta terra. Ma sul pianeta Italia c’è una cosa che non cambia mai e non teme la fine delle mezze stagioni, lo scioglimento dei ghiacciai, le inondazioni e la deforestazione dell’Amazzonia: è la lotta all’evasione fiscale. Puntuale come il 21 settembre e l’inizio dell’autunno, la voce manette ai furbetti del fisco spunta nel menu operativo di qualsiasi governo da quarant’anni a questa parte. E l’esecutivo di Giuseppe Conte, il secondo, non fa eccezione. Tutti però la dichiarano ma nei fatti nessuno la fa. Se è vero che da anni, ogni anno, ogni dodici mesi, scappano alle casse dello stato la bellezza di 110 miliardi di euro. Pensate cosa si potrebbe fare con tutti quei soldi. Coprire gli interessi che paghiamo sul debito ogni anno, una settantina di miliardi, e col resto fare la manovra, come quella che ci attende nel 2019. Senza muovere foglia. Ora il governo ha annunciato incentivi fiscali a chi usa le carte di credito e, come ha rivelato MF-Milano Finanza, l’arma segreta del nuovo esecutivo è l’obbligatorietà del bancomat per tutti gli esercizi commerciali, come avviene negli Stati Uniti o in Gran Bretagna, dove anche una gomma da masticare si paga senza contanti per cui peraltro non vi è limite all’utilizzo. Sarebbe una svolta epocale ma non bisogna però scordarsi di quella ricerca della Banca d’Italia che qualche anno fa scoprì una cosa da far rabbrividire: per un italiano su due l’evasione è quasi normale.

In quello studio veniva riportato uno spaccato importante della società italiana. ‘’Le famiglie con un atteggiamento favorevole all’evasione fiscale sono diffuse in tutte le categorie considerate’’, scrivevano i ricercatori di palazzo Koch, ‘’compresi i lavoratori dipendenti’’. Il comportamento dei singoli contribuenti, inoltre, ‘’appare significativamente influenzato da quello degli altri membri della collettività. Nel caso di famiglie che si siano trasferite, il giudizio sull’evasione risulta influenzato sia dal comportamento delle famiglie residenti nella stessa località dell’intervistato, sia da quello delle famiglie della provincia di origine; questo risultato da un lato conferma l’importanza del contesto culturale e ambientale nella formazione dei valori, dall’altro è indice di persistenza dei medesimi valori nel tempo’’.

 

Sempre secondo gli economisti della banca centrale italiana, ‘’l’evasione fiscale costituisce un problema rilevante per diversi motivi: riduce il gettito fiscale, produce disparità di trattamento tra soggetti con uguale capacità contributiva, altera le condizioni di concorrenza sui mercati”. In effetti numerosi studi mostrano l’importanza dei valori e delle convinzioni come fattori esplicativi dei comportamenti degli operatori economici. 

Costruendo un indicatore sintetico dei giudizi sull’evasione fiscale si osservava che, ma temo che la cosa possa anche essere usata al presente vista l’attenzione che anche il Conte II pone al tema, ‘’l’atteggiamento favorevole verso l’evasione è mediamente più elevato per i lavoratori indipendenti (in particolare quelli autonomi) che per i dipendenti; tra questi ultimi è maggiore

per gli operai e minore per dirigenti e direttivi”. L’orientamento favorevole all’evasione fiscale tende quindi a ridursi al crescere del livello di istruzione e dunque per età, i giovani sono la classe che risulta meno avversa all’evasione fiscale.  

Per quanto riguarda l’evoluzione nel tempo dell’indicatore, confrontando i risultati presentati nell’indagine con quelli di un’analoga indagine condotta dall’Amministrazione finanziaria all’inizio degli anni novanta, emergeva, scrivono sempre i ricercatori di Via Nazionale, ‘’una tendenza generalizzata alla crescita della quota di contribuenti con un atteggiamento di favore verso l’evasione’’. Una cosa clamorosa.

‘’L’atteggiamento di favore risulta più diffuso nelle province caratterizzate da più elevati livelli di disoccupazione. In queste aree il lavoro irregolare è molto diffuso; è quindi presumibile che la riprovazione sociale nei confronti dell’evasione fiscale sia più contenuta che altrove”, ragionavano. Laddove  “la qualità della pubblica amministrazione è più elevata, l’avversione verso l’evasione risulta più alta”. 

La percezione di un cattivo funzionamento della pubblica Amministrazione è dunque correlata con un atteggiamento dei contribuenti meno orientato al rispetto delle regole fiscali.

Un atteggiamento di maggiore favore verso l’evasione si riscontra, sempre secondo gli studiosi di Bankitalia, invece ‘’dove la criminalità è più diffusa; nelle aree in cui il rispetto delle regole è più basso, anche gli illeciti di natura fiscale tendono a essere maggiormente giustificati”. 

Il passaggio finale del dossier apre alla speranza e indica la strada da prendere subito . ‘’L’orientamento favorevole all’evasione appare inoltre meno diffuso nelle aree caratterizzate da una maggiore dotazione di capitale sociale: il cosiddetto capitale sociale è connesso al senso civico e alla partecipazione alla vita della comunità locale; è misurato da indicatori quali il numero di associazioni di volontariato presenti sul territorio, la quota di popolazione che partecipa alle elezioni, il numero dei donatori di sangue, etc etc)”. Fine dello studio. 

 

 

 

Senza andare oltre è evidente che occorre un cambiamento di mentalità, ma per reprimere la renitenza a fare il proprio dovere di contribuente e ancor prima di cittadino serve l’istruzione, il senso civico, aver studiato a scuola che l’evasione fiscale è un reato gravissimo. Quando questo accadrà saremo davvero un paese normale. E potremo ricantare innocenti evasioni.