La rete, intesa come email, chat e social network, è diventato il luogo privilegiato della truffa finanziaria. Nel 2016, il 75% degli ‘abusivi’ messi sotto istruttoria dalla Consob (173 casi) hanno usato internet per contattare i clienti e più che in passato hanno usato software (conosciuti come forex robot, robo advisor) per proporre opzioni di investimento. I casi raccontati nella Relazione annuale della Consob, guidata da Giuseppe Vegas, sono variegati. La Commissione di vigilanza della borsa ha avviato specifiche istruttorie dell’offerta online e ha evidenziato come la vigilanza diventa sempre più difficile quando non bastano più i tabulati telefonici come prova per l’insider trading. Attraverso le app di messaggistica come Whatsapp o Skype diventa infatti arduo trovare le tracce di scambi di notizie riservate al fine di intervenire a proprio vantaggio sul corso delle azioni (appunto, l’insider trading) che si allarga sempre più e comprende soggetti apparentemente scollegati.
La crisi ha impattato sia sul numero delle società quotate, un po’ meno di dieci anni fa, sia sulle scelte di investimento degli italiani. Dal 2007 al 2016 se l’incidenza dei depositi bancari e postali sulle attività finanziarie totali è passata dal 38,1% al 46%, la ricchezza detenuta in azioni e titoli del debito pubblico è passata dal 10,5% al 5,3% per le azioni e dal 13,4% al 10,8% per i titoli di debito.