di Alessandro Luna

“Gilet gialli, non mollate”. Luigi di Maio, vicepresidente del Consiglio e Ministro del Lavoro, in un post pubblicato su tutti i Social Network ha incoraggiato la protesta dei Gilet Gialli, dimostrandosene un convinto ammiratore e spiegandone le affinità con la nascita dello stesso Movimento 5 stelle. Scrive che “il grido che si alza forte dalle piazze francesi è in definitiva uno: “fateci partecipare!”. È lo stesso spirito”, continua, “che ha animato il Movimento 5 stelle e migliaia di italiani fin dal giorno della nostra nascita”. In sostanza il leader grillino riconosce nelle proteste dei Gilet Gialli francesi il seme che ha fatto germogliare il Movimento che lo ha portato prima in Parlamento e poi al Governo. Dal suo punto di vista deve essere particolarmente emozionante assistere ad un “risveglio globale” che, dal 2016 ad oggi, ha sconvolto gli equilibri politici di quasi tutti i Paesi del mondo con le stesse dinamiche, idee, parole chiave e con gli stessi concetti con cui è nato il Movimento 5 Stelle nel 2007.

E bisogna dare atto a Beppe Grillo, a Luigi di Maio e a tutti quelli che hanno fatto nascere e crescere il Movimento fin dal primo anno, del fatto di aver capito ed intercettato lo Spirito del mondo molto prima di chiunque altro, non solo in Italia ma nel mondo. La Brexit, Trump, Bolsonaro, Salvini, Steve Bannon e i Gilet Gialli sono fenomeni successivi a quello dei 5 stelle, nell’enorme ondata di populismo che ha travolto l’ordine mondiale liberale che reggeva dalla caduta del Muro di Berlino. Perciò è pienamente comprensibile l’amore che Luigi di Maio può provare per il movimento dei Gilet Gialli. Si può però notare come il post sui social, deciso in quello che i giornali hanno definito un “conclave” cinquestelle, sia leggermente imprudente, impreciso e come fosse, forse, da evitare.

In primo luogo perchè le proteste dei Gilletes Jaunes sono sfociate spesso nei primi tempi, e regolarmente nell’ultimo mese, in violenze, vandalismo e atti dichiaratamente sovversivi. E da rappresentante di un governo che deve dialogare con il Paese di Emmanuel Macron, che deve contrattare con i suoi rappresentanti in Europa sulle questioni del deficit, dell’immigrazione e del mercato comune, Di Maio forse farebbe meglio ad astenersi dall’incoraggiare un movimento che si sta rendendo protagonista di violenze contro la Polizia, di vandalismo contro beni pubblici e contro proprietà private, bruciando motorini, macchine, sfasciando vetrine di negozi e saccheggiandone i prodotti.

C’è sicuramente un’anima del movimento francese con cui si può legittimamente essere d’accordo, ma ignorarne l’aspetto violento avrà come unico effetto quello di danneggiare, incrinare e compromettere i rapporti, finora sempre corretti e pacifici, tra Emmanuel Macron e il premier Giuseppe Conte. Il premier italiano la prossima volta che visiterà l’Eliseo potrebbe doversi trovare a giustificare queste imprudenti parole con il Presidente della Repubblica Macron o con il Presidente del Consiglio Philippe. In sintesi, un sostenitore grillino, un assessore grillino, forse perfino un parlamentare grillino potrebbero pubblicare post come quello scritto da Luigi di Maio. Ma un Vicepremier non dovrebbe mai dimenticare la posizione che ha e il ruolo che ricopre. Ed è in queste ore che Matteo Salvini si dimostra molto più prudente e “politico” del collega pentastellato: “Sostegno a chi protesta, ma condanno le violenze”. Sarebbero bastate le ultime tre parole della dichiarazione del leader leghista per rendere il post del vicepremier grillino più accettabile e diplomatico, evitando magari a Conte di doversi spiegare e forse scusare delle parole del grillino nella prossima visita all’Eliseo. Infatti il governo francese non ha preso bene l’invasione di campo e il Ministro francese agli affari europei ieri ha suggerito a di Maio di occuparsi delle vicende italiane.

Secondo punto: certamente lo spirito delle manifestazioni è riconoscibile e, dal punto di vista di Di Maio, vi si può solidarizzare. Anzi forse sarebbe strano il contrario. Ma di un movimento così eterogeneo, composto da estrema destra ed estrema sinistra, da anarchici e statalisti, cosa si può dire esattamente con certezza? Come si può sostenere di capire e conoscere un movimento che è composto di mille idee diverse, scomposte ed opposte? Chi guarda le interviste ai manifestanti si può accorgere con estrema facilità di come ogni persona interrogata protesti per qualcosa di diverso e di contraddittorio rispetto a ciò che chiede al governo chi gli manifesta accanto. Alcuni vogliono più tasse, altri meno tasse, alcuni pretendono le dimissioni di Macron e Philippe, altri non le ritengono necessarie, alcuni vogliono il liberismo, altri lo statalismo. Come si può sostenere qualcosa di indefinibile e di così ignoto? Di noto ed inequivocabile alla protesta non rimane che la sua natura violenta. E nel sostenere i gilet gialli, Di Maio dona un endorsement non alle proteste contro Macron, ma alla violenza.

Terzo ed ultimo punto: Di Maio, nel guardare alle strade della capitale francese tinte di giallo, rischia di tradire un sentimento che sembra provare e che potrebbe essere l’evidente conferma della piega che il Movimento 5 stelle ha preso. Dire che i Gilet Gialli ricordano il Movimento delle origini significa due cose: che il Movimento non è più fedele agli ideali che hanno contribuito alla sua nascita e che il suo leader politico ne è cosciente. Sembra, in un certo senso, che ne provi nostalgia.

E’ recente anche la notizia dell’ennesimo dietrofront rispetto ad una delle più significative e simboliche battaglie del Movimento ai bei tempi dell’opposizione. Dopo aver ritrattato su Tap, Ilva e Tap, facendo infuriare la base grillina di quei territori, ora anche sulle trivelle si è concesso ad alcune società private di cercare idrocarburi nel Mar Jonio. E considerando il trasporto con cui i 5 Stelle avevano sostenuto il referendum sulle trivelle, si può notare come sempre più spesso Di Maio e i suoi compagni si trovino a dover venire a patti e a cedere su questioni su cui, un tempo, giuravano che non avrebbero fatto un passo indietro, una volta al governo. Di Maio ricorda un qualsiasi sessantottino che, dalla finestra della sua casa, osserva nel pieno della sua vecchiaia una manifestazione studentesca per le strade della propria città. Nostalgico, stanco, deluso e pieno di rimorsi. Sembra quasi tradire una nostalgia per i bei tempi andati, quando poteva protestare e chiedere al governo qualcosa che ora sa bene quanto non sia invece negoziabile. Ciò che dice ai Gilet Gialli è: “Non mollate”, ma a qualcuno potrebbe sembrare chiaro come invece intenda: “Godetevela finchè non siete al governo. Un tempo ero come voi e con il mio amico Di Battista arringavamo le piazze promettendo qualsiasi cosa. Divertitevi anche un po’ per noi. Nostalgia canaglia”.