Tobias Piller è corrispondente del Frankfurter Allgemeine Zeitung e volto noto della televisione italiana perché da tempo nel nostro paese. Con lui, in occasione della Scuola d’Europa che si svolgerà al Liceo Mamiani il 9 novembre del 2019, la Nuova Europa ha parlato dei 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino. 

 

Domanda. Dove era Tobias Piller quel 9 novembre 1989 quando cadde il Muro di Berlino?

Risposta. Il 9 novembre ero in redazione a Francoforte, al Newsdesk. Il sabato seguente, sono andato al confine, nella città bavarese più a nordest, a Hof, per vedere il flusso dei tedeschi alla loro prima uscita verso Ovest. In questa situazione valeva ancora la regola che la Germania dell’Ovest non voleva lasciare senza un soldo in tasca quei pochi pensionati dell’Est ai quali era permesso di viaggiare verso Ovest, dandogli 100 marchi a testa. Allora, le migliaia di tedeschi dell’Est facevano la fila al Comune ed alla Cassa di risparmio, per prendersi 100 marchi a testa e comprarsi qualcosa all’Ovest. A fine mattinata, erano però finite le banane nei supermercati, e per i tedeschi dell’Est il miracolo era quello che nell’economia di mercato nel pomeriggio c’era già una nuova fornitura. Nei mesi seguenti ho fatto molti reportage dalla città di Karl-Marx-Stadt, oggi Chemnitz, vedendo le incrostazioni ed inefficienze colossali, ma anche le speranze, talvolta smisurate, per una nuova vita nella Germania dell’Ovest. 

 

Domanda. Com’è oggi l’ex DDR?

Risposta. Le città di allora, decadute, tralasciate o le autostrade malmesse non ci sono più, la Germania dell’Est di allora non è più riconoscibile, tanto è cambiata. Ed in posti come Lipsia, anni dopo, ho trovato anche grande orgoglio su quanto è stato fatto.

Domanda. I dati economici dimostrano che l’unificazione della Germania è stata una grande operazione politica ma anche economica: il paese non è mai stato così forte. È grazie all’Europa o grazie ai tedeschi?

Risposta. Il merito lo vedo soprattutto della Germania. L’Europa era un’ancora forte, per dare un orizzonte chiaramente percettibile. 

 

Domanda. Ma allora le ragioni del successo, quali sono?

Risposta. L’unificazione è stata un successo economico, perché alla base ci sono state scelte forti e chiare. Visto che la maggioranza dei tedeschi dell’Est non voleva altro che diventare come i tedeschi dell’Ovest, c’era una chiara scelta di non creare un ibrido compromesso tra le Costituzioni di Est ed Ovest, ma semplicemente far aderire l’Est alla Costituzione democratica e liberale dell’Ovest. 

 

Domanda. Solo questo?

Risposta. No. C’è stata una scelta chiara a favore della creazione di un’economia di mercato e quindi l’Agenzia Treuhandanstalt ha privatizzato 12.000 aziende in 4 anni e poi ha iniziato a smantellare sé stessa per non lasciare una cosa statale tipo la vostra Iri. Infine, c’ è stato una scelta forte per capitale ed infrastrutture: Berlino è diventata la capitale ed ha avuto un nuovo centro politico dove c’era la striscia della terra di nessuno del Muro. Tutto l’Est ha avuto infrastrutture moderne, cominciando da autostrade e collegamenti per treni, adesso spesso anche migliori di quelli dell’Ovest, e questo ammodernamento è cominciato con una “legge obiettivo” di Kohl, che dopo ha trovato esecuzione. Ultimo punto spesso dimenticato: la Germania dell’Ovest mandava molti dirigenti all’Est. Come se in Sicilia fossero arrivati piemontesi e lombardi a gestire parte dell’amministrazione regionale…

 

Domanda. Cattivello, allora lo faccio anche io. I trent’anni dell’unificazione tedesca combaciano con i 20 anni di unità monetaria, l’euro è il marco travestito?

Risposta. Certamente no. L’Unione Monetaria e l’Euro attualmente sono gestiti da una maggioranza dell’Europa del Sud. Una gestione dell’Europa solamente con il marco tedesco si sarebbe accontentata di evitare pericoli di deflazione, senza le capriole di interessi negativi e i programmi per l’acquisto di titoli di Stato della Bce. Non solo. Una gestione marco centrica avrebbe detto che la politica monetaria non può fare tutto, soprattutto non può spingere la congiuntura, vedendo più ristretto il proprio cerchio di azione. Così avrebbe anche evitato di creare rischi per il futuro con gli attuali eccessi, e non avrebbe lasciato ai politici l’illusione che l’Eurotower può mettere a posto quello che la politica economica e fiscale non riescono a fare. 

 

Domanda. Guardando indietro, si scopre la forza di grandi personaggi politici tedeschi che nel dopoguerra hanno fatto la fortuna dell’Europa unita: Adenauer, Schimdt, Kohl. Angela Merkel verrà anche lei ricordata come una grande europeista?

Risposta. Adenauer ha ancorato la Germania dell’Ovest fermamente nell’allora Ovest democratico e nella economia di mercato. Schmidt non si è voluto arrendere di fronte a richieste di troppo appeasement con l’Unione Sovietica, e così ha contribuito al suo crollo. Kohl in politica interna ed economica spesso tentennava, ma nel momento dell’unificazione si è rivelato uno statista: al crollo del Muro alla unificazione sono passati soli 11 mesi, nei quali Kohl ha messo a posto tutte le questioni di diritto internazionale con i vincitori della Seconda Guerra Mondiale e le questioni legali ed economiche tra Germania dell’Est ed Ovest. La Merkel ha il merito di non aver cambiato rotta, dopo che Schröder aveva riformato la Germania e messo l’economia su un binario di successo. Per molti anni ha avuto la fiducia dei tedeschi, di amministrare lo stato in modo oculato. 

 

Domanda. Ora non l’ha più?

Risposta. Fino al 2015, i tedeschi non volevano un grande leader, ma un manager che tranquillamente risolveva le questioni del pubblico, che li lasciasse godersi la vita. Dal 2015 vogliono invece di nuovo una leadership e la Merkel non è una figura di questo genere.

 

Domanda. In molti, compreso Mario Draghi e il Fmi, hanno chiesto alla Germania di spendere di più, succederà?

Risposta. Chiedere alla Germania di spendere di più è una richiesta politica, posta male. Certamente il consumo dei tedeschi pro capite oggi è salito più del 30% rispetto al 2007, mentre in Italia, dal 2007 c’è la stagnazione. Chi veramente viaggia in Germania, si trova di fronte a tanti cantieri sulle autostrade. In Germania si potrebbe certamente investire ancora di più, ma anche lì, i politici tendono a fare regali ed hanno già sprecato abbastanza. 

 

Domanda. Insomma anche lì la politica tende a fare i suoi interessi…

Risposta. Dal 2007 al 2018, sono stati creati 4 milioni di posti di lavoro, con aumento de consumi, entrate dalle tasse e dai contributi. Con la crescita dell’occupazione, i soldi non mancavano neanche senza fare deficit. Anzi, con tanti anni senza deficit, il rapporto Debito-pil è sceso da 80 al 60% ed ha creato in questo modo nuovi spazi di spesa senza che sia necessario fare deficit.

 

Domanda. A 30 anni dalla caduta del Muro ci sono ancora nostalgici del marco?

Risposta. Ci sono nostalgici della Germania dell’Est. Quelli che erano funzionari potenti, nell’apparato di sicurezza, la Stasi, nel Ministero degli Esteri, e hanno perso il potere ed il posto ma prendono comunque una lauta pensione. Ci sono poi quelli che amavano il concetto dello Stato che programmava tutto per loro dalla culla alla bara, mentre nel nuovo sistema tutti sono liberi, ma hanno anche più responsabilità e rischi. C’è chi è arrabbiato perché ancora oggi più posti di lavoro, più possibilità di carriera le offre l’Ovest, ed allora gli tocca fare il pendolare o emigrare.

Infine ci sono quelli che odiano il modo presuntuoso in cui si sono presentati tanti tedeschi dell’Ovest, i “Besserwessi”, quelli che pensano di non avere la colpa di essere stati comunisti e che sanno tutto meglio degli altri.

 

Domanda. Insomma avete anche voi dei comunisti al cachemire…E la nostalgia del marco?

Risposta. C’è anche quella, perché ai tedeschi non è stato chiesto se volevano l’euro. E non hanno avuto subito quel dividendo dell’euro come l’Italia.

 

Domanda. Quale dividendo?

Risposta. Secondo l’ex Presidente della Repubblica Ciampi l’ingresso nell’euro dell’Italia è stata l’unica strada per evitare una bancarotta, e già dal 1997 il vostro paese ha risparmiato ogni anno tra 30 e 50 miliardi di euro di costi di interessi, in 20 anni un risparmio tra 600 e 800 miliardi di euro. 

 

Domanda. E i tedeschi cosa pensano della Bce?

Risposta. I tedeschi avrebbero voluto una politica più modesta come quella della Bundesbank, senza l’ambizione di mettere a posto tutto con la politica monetaria della Banca Centrale. 

 

Domanda. Sempre con la Bce ce l’hanno…

Risposta. Ora non si troverebbero con tassi d’interessi zero o negativi, che incidono tanto sui loro piani di pensione integrativa. Con il massimo di pensione pubblica a circa 2400 euro al mese, dipendono dalle pensioni integrative, e gli eccessi di Draghi gli costeranno ogni mese una fetta della pensione. Infine, la Germania si vede anche sbeffeggiata in pubblico per non avere potere di gestione nella Bce, per rimanere eternamente in minoranza, per aver assistito alla quarta dimissione di un candidato o membro del Consiglio Esecutivo. A lungo andare, questo rafforzerà quei politici che vogliono uscire dall’euro.

 

Domanda. Ha ancora senso un Patto di stabilità che non permette di crescere molto nemmeno alla Germania? Non sarebbe arrivato il momento di modificare  Maastricht e di permettere la Golden Rule?

Risposta. Il Patto di Stabilità è nato per non avere dei furbi che godono dei vantaggi dell’euro, lasciando poi agli altri gli effetti negativi di una politica del bilancio pubblico irresponsabile. Ciampi aveva promesso che l’Italia sarebbe stata responsabile, poi ha ammesso nel suo ultimo libro che il suo paese non ha mantenuto la parola data. 

 

Domanda. Va bene, questo è il passato, ma ora non sarebbe giusto rivedere Maastricht?

Risposta. Adesso si vuole cambiare il metodo di valutazione, ma mi sembra che sotto ci sia sempre lo stesso motivo: aumentare la spesa pubblica per regali elettorali e clientelari, senza preoccuparsi della crescita del debito. 

 

Domanda. Ma tutti vogliono e hanno bisogno di più investimenti.

Risposta. Non funziona questa idea nelle teste dei politici, che pensano di fare un deficit di spesa corrente del 3% di pil e poi spendono magari ancora per gli investimenti. In questo modo avremmo un deficit del 5 o dell’8%, con un’esplosione del debito. 

 

Domanda. E quindi che si deve fare?

Risposta. Sulle proposte di cambiare gli obiettivi bisogna dire che in questo caso occorre fissare un obiettivo di deficit zero o di un avanzo per il saldo delle spese correnti, per lasciare spazio per gli investimenti. Ma così lo spazio per gli investimenti ci sarebbe già oggi, con il saldo delle spese correnti a zero, sarebbe al 3%, obiettivo non raggiunto però dall’Italia. Poi c’è un’altra cosa che sottovalutate.

 

Domanda. Quale?

Risposta. Con una riforma dei parametri di Maastricht, ci sarebbe solo uno spostamento dei litigi. I governi italiani direbbero che tutto è investimento, la spesa per la scuola, per la sanità, per la polizia, spesa che oggi viene classificata come corrente. Può anche essere un investimento a lungo termine, ma gli effetti sono difficili da misurare. Finora, gli investimenti sono quelli in nuove autostrade, linee di treni, nuovi ponti, reti di internet. Ma con questa definizione, l’Italia non sarebbe contenta.