I governi schiacciano sotto il tacco dei nazionalismi la Costituente europea. E lo fanno nel modo burocraticamente indolore che si usa a Bruxelles: con una bella lettera fatta di punti, premesse e conclusioni. Nel caso delle riforme europee, conclusioni già prese nelle capitali, Parigi e Berlino in primis.
L’occasione per scatenare uno scontro infuocato tra i massimi vertici comunitari è appunto una missiva di cinque pagine che il Consiglio Europeo, ora a guida croata ma in rappresentanza di tutti i paesi dell’Ue, ha inviato agli Stati membri. Titolo: posizione sulla Conferenza sull’Europa. Svolgimento: quello che ci sarebbe da fare. Conclusione: nulla si farà.

Per MF-Milano Finanza ho visionato il documento e sono rimasto senza parole, come lascia esterrefatti un altro dossier del Consiglio europeo (dunque i governi) dello stesso tenore in cui si  nega alcun valore giuridico alla nascente Costituente. Tutti devono essere informati su a che punto si è arrivati in Europa: sapere che riforme servono in materia di ambiente, trasformazione digitale, occupazione e rappresentatività, ma non azionare le leve riformiste per non turbare gli equilibri che nell’Unione Europea sono ben chiari nel cosiddetto trilogo comunitario. Il Parlamento legifera quello che può, la Commissione dirige, entrambi poi aspettano la decisione del sovrano o meglio dei sovrani, i governi nazionali riuniti nel Consiglio Europeo. E la decisione è già presa in materia di Conferenza sull’Europa. Se è vero che i cittadini potranno riunirsi in agorà di discussione, i parlamentari nazionali e europei e gli organi sociali promuovere le iniziative da fare, da qui al 2022 saranno però i governi a tirare le fila di quella che molti esperti europeisti definiscono già una “farsa” che sarebbe meglio non partisse proprio il 9 maggio prossimo (ma anche sulla data viene usato ancora un condizionale, cosa che spiega già tutto). Per rispetto a chi crede ancora nell’Europa non si ricorda in questa sede la congerie di passaggi che la lettera del Consiglio inanella sulle riforme da varare e i passi precedenti effettuati ai vertici dei capi di stato e di governo, per far giocare un po’ i bambini con la palla salvo poi toglierla per riportarli in classe. Bastino due frasi eloquenti. La prima è quella che ricorda che la partecipazione alla Conferenza di Parlamento, Commissione e Consiglio, che dovrebbero esprimere anche un presidente dei lavori individuato in “una alta personalità”, sarà fatta in base “al principio di sussidiarietà”, ma che alla fine il risultato di questa costituente potrà essere “una dichiarazione congiunta” che dia poi luogo ad azioni effettive “sulla linea di quanto previsto dai trattati”. Che dunque non si toccheranno, anche nella parte in cui si sono mostrati sbagliati, si pensi a Dublino o al Patto di stabilità. I governi nazionali nella forma promettono di voler cambiare ma nella sostanza già sanno e dicono che nulla accadrà, perché le tavole della legge non si possono modificare e hanno altro da fare, a casa loro. A cosa serva tutto questo, che avrà anche un costo aggiuntivo per i paesi e dunque anche per l’Italia, non si sa. Come se fosse possibile fermare chi vorrà imitare gli inglesi con parole, conferenze, dichiarazioni di intenti. Come se fosse del tutto escluso il ritorno in Europa di un Hitler o di un Mussolini, pronto a rivendicare ancora più poteri per i propri stati nazione invece di federarli per conservare la pace. La battaglia dei documenti tra Parlamento, Commissione e Consiglio è appena iniziata ma non si trasformerà in una rivoluzione. I gattopardi non vogliono. Il nazionalismo è più vivo che mai e si nasconde dentro il finto europeismo. (riproduzione riservata)