Per lo Stato di Diritto e il Diritto alla Conoscenza

Nel 2002 e 2003 il Partito Radicale era mobilitato per scongiurare un conflitto, quello scatenato in Iraq dalla “coalition of the willing” guidata da George Bush e Tony Blair, considerato oggi alla base dei problemi che affliggono sempre più il Medio Oriente e oltre. La proposta del Partito Radicale, nata dall’ennesima intuizione di Marco Pannella, consisteva nell’imbastire un intenso lavoro diplomatico che scongiurasse la guerra attraverso l’esilio di Saddam Husein e affidando l’Iraq ad un’amministrazione provvisoria delle Nazioni Unite.
La guerra è grave non solo in termini di morte e distruzione che segue ogni bombardamento, ma anche per l’effetto domino che rischia di innescarsi un pericoloso processo di causa-effetto sul medio-lungo termine. Infatti, la scellerata decisione di invadere l’Iraq è stata foriera di altre sciagurate scelte tra le quali spiccano il processo di debaathificazione prima e la messa a morte di Saddam Hussein poi.
In merito alla sentenza di morte inflitta al deposto dittatore, il Segretario di Nessuno Tocchi Caino, Sergio D’Elia, nel novembre 2006 dichiarò: “Un tribunale di sciiti e curdi ha condannato a morte il sunnita Saddam. Non è neanche la giustizia dei vincitori sui vinti, è la vendetta delle vittime nei confronti del loro carnefice. Saddam diventa così il simbolo della pena di morte e vale anche per lui il nostro Nessuno tocchi Caino. Quindi Nessuno tocchi Saddam, il che non vuol dire la sua impunità ma la sua incolumità e il rispetto della sua dignità umana. Vi è la necessità di una seria riflessione sulle conseguenze che l’esecuzione della sentenza potrebbe avere in termini di ulteriore aggravamento del clima di forte tensione e di scontro civile che dilania l’Iraq”.
La guerra in Iraq quindi come momento apicale di una politica estera occidentale che ha prodotto e continua a produrre instabilità e distruzione e che poco o niente fa per tentare di stemperare e superare le problematiche settarie e antidemocratiche che segnano buona parte della regione mediorientale.
Per questo nel febbraio 2014 come Radicali abbiamo organizzato una Prima Conferenza Internazionale dal titolo Stato di Diritto contro Ragion di Stato. L’evento, tenutosi a Bruxelles al Parlamento europeo e alla Commissione europea, ha rappresentato un confronto e uno scambio di idee tra politici, accademici, diplomatici, rappresentanti di ong e cittadini comuni che hanno evidenziato una crescente erosione dello Stato di Diritto e una mancata applicazione dei diritti umani, anche negli Stati cosiddetti democratici. Da tempo Marco Pannella ci mette in guardia contro il riaffermarsi di una Ragion di Stato come modus operandi spinta da vecchi impulsi populisti e nazionalisti, contro la loro legalità costituzionale e gli obblighi internazionali derivanti da Convenzioni e Trattati internazionali in materia di Diritti Umani.
A questo primo appuntamento internazionale se è seguito un secondo svoltosi al Senato della Repubblica a Roma, al quale hanno partecipati una dozzina di esponenti istituzionali del mondo arabo-musulmano. Il titolo della Seconda Conferenza Internazionale era “Universalità dei Diritti Umani, per la transizione verso lo Stato di Diritto e l’affermazione del Diritto alla Conoscenza”. A differenza della prima conferenza, la seconda si è incentrata sulla necessità di porre al centro il Diritto come mezzo per assicurare una convivenza pacifica dei popoli e degli individui e l’Organizzazione delle Nazioni Unite e la sua Carta dei Diritti dell’Uomo. I partecipanti a questo evento hanno infine lanciato un appello al Diritto alla Conoscenza che vogliamo codificare proprio a partire dall’ONU, per dare così un segnale forte e chiaro di cambiamento di rotta.
L’appello è rivolto a tutti i Governi, a partire da quelli dell’area Araba ed Euro-Mediterranea, perché facciano propri questi nostri obiettivi, necessari e urgenti per tornare ai principi fondativi delle Nazioni Unite di ricerca di pace e stabilità internazionale attraverso il pieno rispetto dei diritti fondamentali, a partire da quello che consente ai cittadini di conoscere il processo decisionale – per potervi contribuire politicamente – dei propri Governi, Parlamenti e organizzazioni inter-governative.
Come ha scritto il 27 ottobre scorso su Notizie Radicali il professore di scienze politiche all’Università di Exeter nel Regno Unito, Claudio Radaelli, il Dirittto alla Conoscenza è in sostanza “un’ecologia coerente di strumenti di politica pubblica, non la singola riforma o innovazione giuridica. Per rafforzare la Pubblica Amministrazione bisogna farla rispondere a tanti diversi stakeholders (cittadini, gruppi di interesse, esperti, parlamentari), altrimenti diventa auto-referenziale o, come nel caso Iraq, preda di Presidenti e Primi Ministri che non rispondono a nessuno, protetti dal Segreto di Stato e da apparati tecnologici intrusivi e opachi.”
Perciò, soprattutto a seguito dei tragici fatti di Parigi e di tante altre città colpite dal terrorismo, e delle risposte giunte sinora, in particolare da Francia, Russia, Germania e, dopo il voto parlamentare, dal Regno Unito in termini di stato di emergenza e lotta al terrorismo con l’evocazione di reintroduzione perfino di un ferro vecchio come la pena di morte, riteniamo urgente proporre una risposta a livello transnazionale tale da consentire una piena implementazione dello Stato di Diritto.
Nessuno vuole dare lezioni o esportare alcunché. Uno dei principali strumenti per far progredire il diritto e indietreggiare la legge della giunga è la codificazione del diritto alla conoscenza in sede di Nazioni Unite. Questa è la lezione che l’Occidente dovrebbe trarre da anni di politica estera discutibili. Non significa naturalmente abolizione del segreto di Stato, bensì maggiore “accountablity” proprio a partire da un’Unione Europea che, come dice Marco Pannella, è ahinoi sempre meno patria europea e sempre più Europa delle patrie