In questa Europa a due velocità è facile essere sovranisti coi soldi e i
fondi comunitari degli altri. L’Ungheria che festeggia il quarto mandato
di Viktor Orban è la stessa che dal 2015 ha chiuso le frontiere non
accogliendo i migranti e che può contare su 34 miliardi di risorse
europee, oltre la metà di quelli che prende l’Italia, paese molto più
grande e territorio più colpito dal blocco all’immigrazione del patto di
Visegrad, capitanato proprio dal premier magiaro.
Qualcosa davvero non funziona più se si pensa di poter ottenere
dall’Unione ciò che più serve lasciando a terra i doveri di solidarietà e
accoglienza. In questo quinquennio l’Europa dell’Est avrà a disposizione
fino al 2020 più fondi europei dell’Europa dell’Ovest e il nazionalismo
imperante conduce ciò nonostante alla ricostruzione della vecchia Cortina
di ferro, con la differenza sostanziale che Ungheria, Polonia, Repubblica
Ceca e Slovacchia si guardano bene di tornare al socialismo reale ma
restano ben ancorati al mercato unico, la loro vera e unica fortuna. Per
ora non fanno entrare nei loro confini gli immigrati, un domani magari
chiederanno un timbro al passaporto anche agli altri europei.

Orban e gli altri leader dei paesi dell’ex blocco sovietico sono i
migliori sponsor dell’Europa a doppia velocità e dei rigurgiti sovranisti
anche in Francia, Germania, Austria e Italia. Se si può essere padroni in
casa propria, restare nel mercato più ricco del mondo, fregandosene però
degli accordi presi con Bruxelles, tanto vale fare come Budapest e
ignorare i diktat della Commissione.
A cosa porterà questa Unione à la carte? Non è facile capirlo. Ma forse
alla fine saremo tutti più liberi di infrangere le regole, più tentati di
farlo anche quando la partecipazione all’Ue ci ha reso un paese migliore,
consapevoli di far parte di una storia di successo che oggi nessuno vuole
più riconoscere.
In questo senso, lasciando perdere improbabili contatti alla tedesca, il
prossimo governo italiano, comunque venga composto, avrà nelle sue mani
il destino dell’Unione Europea: staccarne la spina o rianimarla con il
defibrillatore. Nel secondo caso, le pulsioni sovraniste, che emergono
con forza anche da noi, dovranno essere trasformate in riforme vere –
tesoro unico, debito comune, elezione diretta del presidente della
Commissione, piano anti-disoccupazione – prima che Orban e compagni di
viaggio dimostrino che l’Unione è solo una espressione geografica con una
moneta unica, ultimo simulacro di integrazione.