di Francesco Bono

Secondo i report di Eurobarometer, nel 2020 la fiducia dei cittadini europei nelle istituzioni nazionali, sebbene in crescita rispetto al 2019, continuava ad essere piuttosto bassa, raggiungendo livelli a dir poco imbarazzanti per i partiti politici (nazionali e di conseguenza europei), come rappresentato dal grafico sottostante.

Fonte: Standard Eurobarometer 93 Report: Priorities (2020)

Non è perciò un caso che il 73% dei cittadini europei pensi che episodi di corruzione avvengano frequentemente all’interno delle istituzioni pubbliche del proprio paese, mentre solo il 29% ritiene che vi sia sufficiente trasparenza e supervisione in ordine al finanziamento dei partiti politici. Ma, forse, il dato più rilevante è che il 53% degli europei ritiene che la propria voce non conti in Europa; il dato sale al 55% per i cittadini dei paesi che fanno parte della zona euro.

Tutto ciò avviene perché la politica non è più un affare esclusivamente pubblico.

Infatti, la maggioranza dei paesi UE, tra cui l’Italia, ha abolito il finanziamento pubblico ai partiti e la politica è quindi necessariamente obbligata a cercare ulteriori modi per finanziarsi. I finanziatori sono comunemente noti come lobbisti, in quanto portatori di interessi che sono difesi dagli stessi politici, che devono necessariamente agire primariamente in loro favore per assicurarsi un sostentamento: le richieste dell’opinione pubblica passano quindi in secondo piano. Per essere chiari, l’attività di influenza delle lobby è pienamente legittima nell’Unione Europea, in quanto fondata sulla democrazia partecipativa prevista espressamente nell’articolo 11 del Trattato di Lisbona, nel quale “le istituzioni danno ai cittadini e alle associazioni rappresentative, attraverso gli opportuni canali, la possibilità di conoscere e di far scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell’Unione”.

Il problema nasce allora quando questa attività, per assenza od inefficacia di limiti previsti dalla legge, diviene prevaricante, trasformando le lobby nei soli attori in grado di definire l’agenda politica e i conseguenti interventi legislativi. O, addirittura, di influenzare il policy making verso la stasi, favorendo lo status quo su qualunque tipo di intervento capace di promuovere un cambiamento a favore della collettività.

Eppure, l’attività delle lobby è anche regolata a livello europeo da un regime abbastanza strutturato, all’apparenza promettente se confrontato con le regolamentazioni di molti stati membri, molto più scarne o del tutto assenti come nel caso dell’Italia.

Infatti, dal 2008 Bruxelles si è dotata di un apposito registro per la trasparenza sulle lobby ad adesione volontaria, che permette a tutti, una volta che l’azienda o la persona fisica decida di registrare i propri dati, di accedere liberamente ad alcune informazioni: chi sono i lobbisti, tanto persone giuridiche quanto persone fisiche, quali interessi rappresentano, quali sono gli eventuali clienti, quali le disponibilità finanziarie per le attività di pressione. Come dimostrato dal grafico sottostante, tra le aziende Italiane registrate, sono preponderanti Altroconsumo, ENEL, ABI ed ENI.

Fonte: Integrity watch

Dal 2011, tale registro è diventato comune sia alla Commissione, che al Parlamento ed è gestito dal Joint Transparency Secretariat, organismo composto dai segretariati generali del Parlamento e della Commissione ed è collegato ad opportuni codici di condotta per lobbisti.

Infine, da gennaio 2019, il Parlamento europeo ha adottato delle regole vincolanti in materia di trasparenza delle attività di lobbying, che impongono ai parlamentari coinvolti nelle istruttorie legislative e nella redazione di testi normativi di pubblicare online gli incontri con lobbisti.

Cosa manca? Come ben spiegato da Carloni e Mallozzi – nel loro nuovo saggio edito nel 2020 da Carrocci Il cantiere delle lobby: processi decisionali, consenso, regole – innanzitutto l’adesione al registro per la trasparenza è volontaria e non obbligatoria, e perciò tale invito potrebbe tranquillamente venire ignorato non solo dai “faccendieri” (middlemen), ma anche dagli stessi lobbisti rappresentanti poteri economici rilevanti che preferiscono altre modalità meno formalizzate di accesso ai decisori pubblici, decidendo di mantenere opaca la loro ingerenza. Inoltre, il registro per la trasparenza è comune solo alla Commissione e al Parlamento; nonostante l’impegno manifestato dalla Commissione Von der Leyen di creare una policy unica e vincolante per tutte le istituzioni europee, il Consiglio Europeo – organo preposto alla formulazione dell’agenda europea e vertice massimo dell’Unione, realizzato per l’incontro tra i rappresentati statali e europei – è ancora oggi sprovvisto di tale registro.

Non solo quindi le lobby e i decisori europei possono legalmente sviluppare relazioni molto strette, sulla base delle quali si definiscono e si implementano le politiche pubbliche dell’Unione, ma gli stessi possono anche divenire autori di reati di corruzione.

Infatti – come sostenuto da Milena Gabanelli in un suo articolo del 2019 per il Corriere della Sera, se il panorama delle lobby è per sua natura opaco, a volte può divenire completamente nero.

Tra il 2010 e il 2011, due giornalisti del Sunday Times si sono presentati come lobbisti a Ernst Sasser, capogruppo del partito popolare austriaco, con l’intento di chiedere il suo aiuto per apportare modifiche ad una direttiva europea, promettendo in cambio 100 milioni di euro. A seguito del suo placet, i due giornalisti hanno pubblicato il video e Sasser è finito in carcere per corruzione. Stessa sorte è toccata all’eurodeputato sloveno Zoran Thaler e per il romeno Adrian Severin, incastrati dagli stessi giornalisti, mentre nel 2012, il maltese John Dalli, commissario europeo alla sanità, è stato espulso per le sue relazioni illecite con un lobbista del tabacco che gli aveva promesso 60 milioni di euro per modificare un’altra direttiva.

Un’efficace legislazione in materia di lobby è necessaria, affinché non solo si prevengano episodi di corruzione, ma si ponga anche rimedio al deficit democratico dell’Unione. Come ricordato recentemente da Vitalba Azzollini sulle colonne del quotidiano Domani, la trasparenza sull’attività delle lobby è fondamentale per portare a compimento la rivoluzione della trasparenza di cui tanto si è parlato negli ultimi anni nelle amministrazioni pubbliche. La trasparenza è il fondamento dell’accountability di decisori pubblici e istituzioni, principio per cui gli stessi rispondono egualmente a tutti i cittadini e non con un occhio di riguardo per alcuni gruppi meglio organizzati. Così facendo, la partecipazione civica sarebbe agevolata, perché i cittadini vedrebbero risultati concreti a fronte di un loro impegno.

Tale legislazione dovrà quindi prescrivere l’obbligatorietà della registrazione dell’attività di lobbying in tutte le istituzioni europee ed essere accompagnate da codici di condotta, sia per lobbisti che per parlamentari, molto più comprensivi di quelli attuali. Devono essere previsti accurati poteri per la Corte di Giustizia Europea per assumere provvedimenti disciplinari nel caso di prove di reati, e le sanzioni o assoluzioni devono essere garantite in maniera rapida e imparziale.

Altrettanto importante è la formulazione di un’adeguata disciplina che regoli il conflitto di interesse. Troppi sono ancora i casi di “porte girevoli” (revolving doors), fenomeno per il quale politici ricoprono cariche nel settore privato immediatamente dopo la fine del loro mandato; un periodo di “raffreddamento” (cooling off) di almeno cinque anni deve essere previsto, durante il quale sia impossibile per l’ex decisore pubblico di fare lobbying sulle sue conoscenze ancora attive nelle istituzioni.

Premesso che le precedenti sono solo alcune delle proposte finalizzate ad intervenire contro la corruzione e l’ingerenza delle lobby nel policy making dell’Unione, le politiche di prevenzione della corruzione rappresentano un’area nella quale la stessa non si impegna ancora attivamente.  Sebbene l’Unione abbia dato mandato al Gruppo di Stati Contro la Corruzione (GRECO) di redigere precisissime raccomandazioni a tutti gli stati membri, specialmente in materia di conflitto di interessi, la stessa non utilizza di certo analoga accuratezza al suo interno, rendendosi colpevole di non aggiornare il suo piano anticorruzione dal 2014.

Ed è un gran peccato, se si pensa che pochi interventi aumenterebbero di gran lunga la fiducia nelle sue istituzioni da parte dei cittadini, raffreddando di conseguenza i sentimenti euroscettici e promuovendo un futuro meno retoricamente e più praticamente europeo.

Fonti: 

  • Standard Eurobarometer 93 Report: Priorities (2020)

Disponibile su: https://ec.europa.eu/commfrontoffice/publicopinion/index.cfm/survey/getsurveydetail/instruments/standard/surveyky/2262

  • Standard Eurobarometer 93 Report: Public Opinion in the European Union (2020)

Disponibile su: https://ec.europa.eu/commfrontoffice/publicopinion/index.cfm/survey/getsurveydetail/instruments/standard/surveyky/2262

  • Special Eurobarometer 470 Report: EU citizens’ opinion on Corruption (2017)

Disponibile su: https://ec.europa.eu/commfrontoffice/publicopinion/index.cfm/Survey/getSurveyDetail/instruments/SPECIAL/surveyKy/2176

  • Report from the Commission to the Council of the European Union: EU Anticorruption Report (2014).

Disponibile su: https://ec.europa.eu/home-affairs/what-we-do/policies/organized-crime-and-human-trafficking/corruption/anti-corruption-report_en

  • Il cantiere delle lobby: processi decisionali, consenso, regole. Enrico Carloni e Marco Mazzoni (2020), Carocci editore
  • Renzi e i finanziamenti arabi. Il vuoto nelle leggi sulle lobby, Vitalba Azzolini, Domani giornale, 5 febbraio 2021.

Disponibile su: https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/renzi-e-i-finanziamenti-arabi-il-vuoto-nelle-leggi-sulle-lobby-yxrfxekw

  • Video Unbreaking America: Solving the Corruption Crisis, RepresentUS (2019).

Disponibile su: https://www.youtube.com/watch?v=TfQij4aQq1k

  • Ue, 11.800 lobby per influenzare Commissione e parlamentari. I casi di corruzione, Milena Gabanelli, Data Room – Corriere della Sera (2019).

Disponibile su: https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/ue-lobby-commissione-parlamento-bruxelles-corruzione/547560ca-57d7-11e9-9553-f00a7f633280-va.shtml