L’uomo conosce diverse fasi nella sua vita. Anche del tutto opposte. Può essere guerriero e portatore di pace. E’ quello che è capitato a Winston Churchill, passato alla storia come l’uomo che resistette ad Hitler nell’ora più buia del Regno Unito e che poi contribuì a sconfiggerlo. Spesso si ricordano molti padri dell’Unione Europea, Monnet, Adenauer, De Gasperi e ci si dimentica di quello che fece l’inglese per eccellenza per la costruzione dell’Unione. Certo, col suo piglio. Un suo discorso a Zurigo, nel 1946, quando l’Europa era ancora piegata in rovine, ne rappresenta una fortissima testimonianza, che diventa attualissima se si pensa a tutte le difficoltà e ai tormenti che stanno accompagnando il negoziato sulla Brexit. ‘’Per evitare che tornino le epoche buie c’è un rimedio. E qual è questo rimedio sovrano?’’, si chiese. ‘’Esso consiste nella ricostruzione della famiglia dei popoli europei, o in quanto più di essa possiamo ricostituire, e nel dotarla di una struttura che le permetta di vivere in pace, in sicurezza e in libertà. Dobbiamo creare una specie di Stati Uniti d'Europa. Solo in questo modo centinaia di milioni di lavoratori saranno in grado di riconquistare le semplici gioie e le speranze che rendono la vita degna di essere vissuta. Il procedimento è semplice. Tutto ciò che occorre è che centinaia di milioni di uomini e donne decidano di fare il bene invece del male e di meritare come ricompensa di essere benedetti invece che maledetti’’. Sembrava impossibile, ma così è stato. Si può dire che oggi 500 milioni di europei e soprattutto i loro governi, stanno lavorando nella stessa direzione? L’Unione di oggi sembra l’Unione delle libertà, dove a parole tutti sono europeisti ma nei fatti la voglia di tornare agli Stati nazione e ai campioni industriali è tanta. La Gran Bretagna vuole uscire dall’Ue ma alle sue condizioni perché intende restare nel mercato unico, evitando il ritorno della questione nordirlandese e magari (colmo dei colmi) votare pure alle elezioni europee. La Germania ha piegato i Pigs, ci ha guadagnato dalla dittatura dello spread e persino dal QE e dal salvataggio della Grecia, ma ora che c’è da puntellare la sua prima banca, bypassa il bail in imposto invece all’Italia per piccoli istituti di credito e crea un nuovo polo Commerz-Deutsche Bank a trazione addirittura pubblica. Se lo avesse solo pensato l’Italia, sarebbe arrivata subito la troika. Il copione dell’Unione delle Libertà va avanti con la Francia, europeista a parole con Emmanuel Macron ma fortemente nazionalista neo fatti e una larga parte dei paesi dell’Est che si mostrano sempre più allergici ai diritti ma non certo all’incasso dei lauti fondi comunitari. Di cui godono per la propria parte anche Olanda, Lussemburgo e Irlanda e Austria, paradisi fiscali in terra d’Europa più o meno larghi. Se il Trattato di Roma viene usato à la carte come un menu qualsiasi, viene da chiedersi se ha senso crederci ancora o se non è meglio tenersi il mercato unico ben stretto e riporre
per sempre nello scaffale della storia il Manifesto di Ventotene e tutte le altre bibbie federaliste. Eppure. Ad aver il coraggio di Churchill di cose da fare ne sarebbero. In quattro tempi: Costituente, Difesa e Ambiente, Riforme e Formazione. Innanzitutto i partiti europei e quelli nazionali nei paesi dell’Eurozona devono assumere nei loro programmi un preciso impegno per redigere nel nuovo Parlamento eletto la Costituzione di una futura Comunità federale, che sia poi approvata attraverso un referendum popolare pan-europeo, dove vengano sanciti i valori essenziali dello stato di diritto: la supremazia della legge, l’eguaglianza, il pluralismo dell’informazione, la separazione dei poteri, i diritti fondamentali, le diversità culturali. Nell’ambito di queste identità serve con la massima urgenza una politica europea per le migrazioni che garantisca il diritto di asilo e obblighi gli Stati membri ai doveri d’accoglienza, rinnovando la cooperazione con l’Unione Africana e la Lega Araba e promuovendo un vero piano europeo di investimenti. Sul fronte invece della sicurezza interna dei cittadini, occorre creare una dimensione europea nella lotta alla criminalità organizzata, alla corruzione e al terrorismo  transnazionali, gettando le basi di un diritto penale europeo, rafforzando i poteri della Procura europea e creando un’Agenzia di intelligence comune, un Fbi europeo. Il tutto, ovviamente, non può reggere senza una politica estera unica, che sia fondata su una sola voce dell’UE nelle sedi internazionali e sul voto a maggioranza nel Consiglio.

Dal punto di vista industriale, occorre recuperare il terreno perduto. Bisogna attuare pienamente gli
obiettivi delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e affrontare nello stesso tempo i problemi
della digitalizzazione e dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che potrebbero avere effetti devastanti sull’occupazione. In un mondo in cui i nuovi monopoli digitali fatturano più di un intero
grande paese, godendo anche di paradisi fiscali nella stessa Eurozona, l’azione riformista dei
prossimi vertici comunitari non potrà poi prescindere dall’istituzione di forme di tassazione europea
degli over the top, dall’unione fiscale e dal completamento dell’unione bancaria, che non lasci soli i
clienti di fronte ai fallimenti del mercato. Sempre in questo contesto, il Mercato Unico deve poter
contare su strumenti antitrust nazionali ed europei indipendenti e rafforzati, che garantiscano i diritti
di 500 milioni di consumatori. Ma imprescindibile resta su tutto il versante economico il tema delle
disuguaglianze. E’ urgente adottare politiche e misure europee per superare gli strumenti economici
e finanziari adottati nell’UE dall’inizio della crisi, creare un welfare europeo e un mercato unico del
lavoro, insomma un Social compact che si contrapponga al Fiscal Compact. E per rendere più sicuri i cittadini e i risparmiatori, va dato uno Stato all’euro. Di fronte ai grandi sconvolgimenti della globalizzazione, la politica monetaria della Bce non basta più. È essenziale che l’UEM sia dotata
di un vero e proprio governo politico ed economico: dunque occorre creare degli strumenti finanziari per assicurare una prosperità condivisa, costituire un Ministero Unico del Tesoro che emetta Eurobond, ipotizzare anche strumenti di imposizione europea come le transazioni finanziarie, che vadano a finanziare politiche contro la disoccupazione. Non si può però attuare nulla di questo programma senza radicare nelle fondamenta della società e tra i giovani il principio di cittadinanza federale attraverso la formazione. Questo obiettivo può essere raggiunto rendendo obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado lo studio dell’educazione civica europea, dei trattati e della futura costituzione europea, mentre vanno introdotti elementi essenziali di studio del diritto europeo in tutte le facoltà universitarie. Solo così avrà ancora un senso parlare di Unione di diversità nella libertà. Ricordandosi della lezione di Churchill.