Le tante testimonianze dirette di chi è sopravvissuto ai lager ci restituiscono il problema che abbiamo in Europa: ricordarci di quanto è avvenuto nella prima parte del Novecento, essere tutti consapevoli di cosa è stata la guerra e di quanto abbiamo costruito dopo. Perché la memoria rende liberi, parafrasando la terribile scritta che campeggiava all’ingresso del campo di sterminio nazista di Auschwitz.
Ma di questi tempi, mentre abbiamo celebrato la Giornata della Memoria, la domanda più ricorrente è: potrebbe accadere di nuovo? Io posso ricordare qualcosa che mi ha colpito, poco prima che La Nuova Europa ospitasse per una Lectio sulla discriminazione Liliana Segre in una scuola romana (https://www.lanuovaeuropa.it/
Un’affermazione e un’indagine.La prima è una cosa passata quasi inosservata ma che ancora mi fa riflettere. E dunque penso sia il caso di riproporre. Qualche tempo fa Giuliano Amato, come riportato da Moked, si è lasciato andare a una riflessione preoccupata. Prendendo spunto dalla frase che nel 1938 pronunciò Gaetano Azzariti, presidente del Tribunale della Razza (“Finalmente è stato messo in soffitta il dogma dell’uguaglianza”), l’ex premier ha espresso una constatazione che mette ancora i brividi. “Un pensiero – ha osservato, parlando di quella affermazione di Azzariti – che fu accolto da molti come una liberazione. La prova che il ‘male dentro di noi’, un qualcosa di cui non possiamo mai del tutto liberarci, con le Leggi antiebraiche aveva preso il sopravvento su ogni altra valutazione. Perché quando iniziative come queste si verificano non c’è soltanto un regime, con il suo carico di violenza e repressione. C’è anche un cambiamento che penetra nelle coscienze e altera il rapporto interno alle stesse. Questo accadde allora”. Ma potrebbe riaccadere. Il rischio c’è. “Cresce la xenofobia, cresce la diffidenza verso l’altro. Cosa succederebbe se qualcuno oggi riaffermasse tale concetto? Quanti, in Italia, si sentirebbero liberati? Ho la sensazione, purtroppo, che questo momento non sia troppo lontano”, ha detto il dottor Sottile. E queste parole oggi pesano come un macigno se guardiamo all’Italia e a quanto si sta dividendo sull’accoglienza ai migranti, il sostegno ai poveri, le regole interne ed europee, persino la scienza e le certezze acquisite. Il punto è proprio la sensazione di liberazione che qualcuno potrebbe provare se si sdoganasse la caccia al diverso, oggi l’immigrato e il rom, domani l’ebreo e poi chissà un cattolico o semplicemente un democratico.
E veniamo invece a quello che accade in rete. Se si volesse tastare in qualche modo il polso agli italiani, al di là delle statistiche che contano decine di episodi di violenza, c’è un termometro molto semplice, messo a punto da Vox Diritti, ed è quello di quanto avviene sul web. Nella terza edizione della Mappa dell’Intolleranza, stilata sulla base di quanto si scrive sui social media come Twitter, sono emersi dati impressionanti, soprattutto se letti oggi che rievochiamo la Shoah in tutto il mondo.
I cinguettii contro gli ebrei (nel campione della ricerca sono passati da 6.700 nel 2016 a 15.400 nel 2017/2018), i migranti (erano 38.000 nel 2016, sono stati complessivamente 73.390 nel 2017/ 2018) e i musulmani (da 22.435 del 2016, ai 64.934) sono in crescita esponenziale. Le donne, cui va il primo posto come numeri assoluti, rappresentano la categoria più odiata su un mezzo di informazione: 326.040 tweet negativi contro i 284.634 registrati nel 2016. Ho riportato questi dati sconvolgenti ne Gli Arrabbiati perché credo che oggi siamo troppo presi dai numeri, deficit, Pil, debito, e molto poco dal destino delle persone. E da quello che scrivono..
Non si può liquidare questa mappa dell’odio pensando che la società civile ha gli anticorpi per limitare i danni, anche se probabilmente è vero. Dalla notte dei tempi abbiamo imparato a conoscere la discriminazione a sfondo razziale nelle sue svariate forme: un segno su un portone, una scritta su un negozio, una chiesa bruciata. Oggi, 140 caratteri intrisi di violenza.
A cominciare dalla scuola, ultimo baluardo con la famiglia della vita reale, dobbiamo reprimere tutti insieme ogni deriva che possa trasformare il web in bacino di cultura di un’intolleranza generale. Ogni giorno è il giorno della memoria. E solo la memoria rende liberi dal pregiudizio.