Libertà, fraternità, uguaglianza. Sono, per fortuna, ancora i francesi a ricordare lo spirito della società contemporanea, spesso dimenticato, come nel caso della violenza alle donne. Ecco così che la guerra ali femminicidi e a tutte le altre forme di coercizione, mobbing e torture psicologiche diventa il nuovo campo di battaglia del Presidente della Repubblica.

Emmanuel Macron, unico leader europeo a scendere in campo di persona e con decisione sul tema, ha dichiarato guerra “alle violenze sessuali e sessiste” e ribadito uno degli importanti impegni del suo mandato: quello della parità tra uomo e donna. Lo ha fatto in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, in un discorso all’Eliseo, davanti a circa 200 persone, rappresentanti di associazioni, istituzioni e classe politica. “Orrore e vergogna”, ha aggiunto Macron, che si è mostrato irriducibile contro la violenza alle donne, proponendo una repressione accresciuta contro i responsabili, una migliore protezione delle vittime, e decretando l’uguaglianza fra i sessi “grande causa del quinquennato”. “È la nostra società intera ad essere malata di sessismo”, ha concluso.

Tra le misure previste: la possibilità di segnalazione online per le vittime di violenze, molestie o discriminazioni, che potranno così contattare interlocutori nelle stazioni di polizia o gendarmeria; la possibilità di conservare le prove nelle unità forensi ospedaliere anche se la persona non presenta una regolare denuncia. Ci sarà anche una App per le vittime di cyberstalking, oltre che di fermate degli autobus “a richiesta” durante la notte, iniziativa già collaudata in diversi posti, mentre la lotta alla pornografia sarà portata avanti con campagne di sensibilizzazione da parte del ministero dell’istruzione.

In Francia, nel 2016 sono state 123 le donne uccise dai loro partner o ex partner: una ogni tre giorni. E circa 225.000 donne sono state vittime di violenze fisiche o sessuali da parte del marito, ma meno di una su cinque lo ha denunciato. Come ogni anno, il 25 novembre, sono state organizzate manifestazioni in tutto il Paese.

In Italia invece, mentre si cercano i fondi per le vittime dei femminicidi, sono state oltre 150mila secondo le organizzazioni, le donne e anche gli uomini che, arrivati da tutta Italia, hanno invaso con i palloncini rosa Piazza della Repubblica a Roma sabato 24 novembre e poi hanno animato il corteo per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Da più di 24 città sono arrivate: “Siamo una marea diventeremo una tempesta. Nessuno ci può fermare!”.

Lo striscione che ha aperto il corteo avvertiva: “Contro la violenza maschile sulle donne noi abbiamo un piano”. In un anno di mobilitazioni, assemble e incontri, infatti, il movimento “Non una di meno” che ha organizzato la manifestazione ha scritto “un Piano Femminista” contro la violenza maschile e di genere, “uno strumento di lotta e di rivendicazione che hanno portato oggi in piazza!”. Il manifesto politico femminista considera la violenza maschile e di genere come fenomeno strutturale e sistemico, che non può essere affrontato “aumentando le pene dei reati o con approcci emergenziali ma a partire dall`esperienza dei centri antiviolenza e del movimento femminista”. E “per contrastare la violenza maschile e di genere nella sua complessità, non vogliamo più polizia nelle strade e nemmeno assistenza, ma autonomia, libertà e giustizia sociale”, hanno rilevato le organizzatrici del sit in. Esattamente quanto annunciato da Macron.

Ecco cosa vogliono le donne: un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo, welfare e diritti, “per essere libere di scegliere sui nostri corpi e le nostre vite”. Così i cartelli esibiti durante la manifestazione andavano dalla rivendicazioni del “salario minimo europeo” alla “Ru486 senza ricovero somministrata fino a 63 giorni anche nei consultori”, dal “nessun obbligo di denuncia nei pronto soccorso senza consenso della vittima”, al “no alla pensione a 67 anni” per le donne. Ma anche contro le leggi Minniti: “Non ci fermeremo finché non saranno abolite le misure istituzionali che di fatto espongono le donne migranti a quotidiane violenze nei campi profughi, come gli accordi bilaterali con Libia e Turchia”. Basti ricordare il recente arrivo di una nave di extracomunitari con ben 26 cadaveri di donne nigeriane destinate molto probabilmente alla prostituzione, raccontato anche da lanuovaeuropa.it.

In prima fila nel corteo anche i Centri antiviolenza, con esponenti e volontari arrivati da tutta Italia, a rischio “per i tagli di bilancio programmati dai governi”.

Chiari gli slogan anche sui social: dal #Metoo, Anche io, al #WeTogether, Noi Insieme.