Gaia Grassi

Le città europee si trasformano per integrare natura e urbanizzazione con parchi, mobilità sostenibile e infrastrutture verdi. Nuove politiche e tecnologie puntano a migliorare la qualità della vita e la resilienza urbana. Una prospettiva sullo stato dell’arte e i lavori ancora in corso.

Entro il 2050, il tasso di urbanizzazione all’interno dell’Unione Europea arriverà a sfiorare l’84% (European Commission, 2020). Tuttavia, l’Europa non è mai stato un continente così urbanizzato: ciò è frutto di un cambiamento strutturale avvenuto negli ultimi cinquant’anni che ha visto mutare completamente il nostro territorio. Da potenza agricola e industriale, l’Unione Europea attualmente si presenta come un’area prevalentemente metropolitana ed urbana (European Investment Bank, 2018). Senza l’attuazione di politiche sostenibili, l’aumento del tasso di urbanizzazione crea diverse esternalità negative, tra cui incremento di rifiuti e inquinamento sia del suolo che dell’aria. In merito a quest’ultimo i grandi centri urbani infatti presentano tendenzialmente una più alta concentrazione di PM10, ossia particelle inquinanti presenti nell’aria che respiriamo. Una prolungata esposizione provoca problemi di natura respiratoria o può addirittura inficiare il funzionamento del sistema cardiocircolatorio. Proprio per questo l’Agenda 2030 così come le istituzioni UE si battono da tempo per una conversione green degli spazi urbani.

Il professore Quélin, docente alla grande-école parigina HEC e titolare della cattedra “Smart City e bene comune” (2020-2023) ha pubblicato “Smart Cities – The Sustainable Program of Six Leading Cities”, uno studio in cui analizza le politiche di sei delle città più all’avanguardia per lo sviluppo di centri urbani sostenibili. Tra queste quattro sono parte dell’Unione Europea: Amsterdam, Barcellona, Copenaghen e Vienna.

Ad Amsterdam, per prima cosa, è stato creato un portale digitale, chiamato AmsterdamInChange che mira alla creazione di uno spazio dove diversi stakeholders, tra cui comuni, università, NGOs ed imprese possono collaborare verso un unico obiettivo comune; rendere Amsterdam una città sempre più green. Si tratta di modello che è stato valutato da molti come esempio virtuoso e innovativo attraverso l’utilizzo di un approccio bottom-up in cui cittadini, associazioni e piccole imprese hanno l’occasione di determinare in modo diretto le decisioni dei politici locali.

Tra le iniziative più significative anche “The Great Bubble Barrier”, nata come startup con l’obiettivo di ridurre l’inquinamento dovuto ai rifiuti di plastica all’interno dei canali della città posizionando sul fondo dei corsi d’acqua un tubo che rilascia bolle d’aria capaci di spostare i materiali verso la superficie per essere successivamente indirizzati verso un punto di raccolta. Secondo gli ultimi dati (2024) sono stati così raccolti più di 805.000 detriti. Sul fronte dell’inquinamento atmosferico interviene invece “De Agenda Autoluw” (dall’olandense, l’agenda “senza auto”): un progetto municipale che mira a diminuire drasticamente il numero di auto nella città e ridare spazio agli abitanti. Dall’inizio della sperimentazione sono stati eliminati più di 7.000 posti auto pari a 21 campi da calcio (OpenSearch Amsterdam, 2024). Al loro posto più piste ciclabili, spazi verdi e la creazione di nuove fermate per i trasporti pubblici e passaggi pedonali accessibili per tutti.

Vienna invece ha acquisito il titolo di “città più vivibile al mondo” e si distingue per iniziative come Okokauf Vienna. Questo programma per appalti pubblici sostenibili ha permesso alla capitale di ridurre le emissioni di anidride carbonica di 15.000 tonnellate all’anno e include una vasta gamma di prodotti in settori diversi tra cui detergenti e forniture per gli uffici, materiale di costruzione sostenibile per le scuole. Una menzione speciale va infine ad Aspern Seestadt, quartiere situato nel nord-est della città e attualmente in costruzione. L’obiettivo è quello di creare un’area a basse emissioni dove famiglie, aziende e negozi di prossimità possano convivere. Al termine dei lavori, previsti per il 2030, quest’area di circa 240 ettari ospiterà più di 25.000 nuovi residenti e 20.000 nuovi posti di lavoro.

Seppur non contemplata nello studio di Quélin, anche a Parigi è in atto un processo di conversione verso la cosiddetta “15-minute City”, il modello urbanistico in cui tutto ciò di cui una persona ha bisogno nella quotidianità deve trovarsi a 15 minuti a piedi e/o in bici.

Non sono però solo i grandi centri a mobilitarsi. Tra le tante iniziative promosse dall’Unione Europea a partire dal 2018 è stata messa in atto la cosiddetta “Partnership for Sustainable Cities”, il programma promosso dalla Commissione che finanzia lo sviluppo urbano sostenibile e una governance locale efficace seguendo un modello peer-to-peer in ottica di cooperazione internazionale mirando infatti ad implementare le stesse politiche anche nelle città extra-UE a loro gemellate.

Nonostante gli enormi progressi, alcune sfide rimangono aperte: come sarà possibile a lungo termine coniugare sviluppo urbano green ed inclusione sociale? Per essere davvero sostenibili le città dovranno sempre di più saper integrare nuove tecnologie, nuovi piani urbanistici, senza dimenticare però il fulcro di questi cambiamenti, ovvero tutte le cittadine e i cittadini europei.