Si è conclusa oggi la nona edizione del Ventotene Europa Festival, promossa dall’associazione La Nuova Europa, che ha ospitato la prima edizione della Spring School of Europe e trasformato l’isola del Manifesto in un vivace laboratorio di cittadinanza attiva, cultura democratica e dialogo transnazionale.

Sono state giornate intense di formazione e confronto, che hanno coinvolto trenta giovani provenienti da diversi Paesi dell’Unione Europea. Il tema centrale di quest’anno, “Integrazione / Disintegrazione”, ha posto al centro del dibattito la necessità di risposte concrete e coraggiose alle grandi sfide del nostro tempo. Dalla difesa comune all’emergenza climatica passando per l’innovazione tecnologica fino alla parità di genere: il Festival ha ospitato interventi di autorevoli rappresentanti delle istituzioni e del mondo accademico in un dialogo diretto con una nuova generazione di cittadini europei – studentesse e studenti universitari attivamente impegnati nella costruzione di un’Europa più giusta, coesa e democratica.

Il politologo Jan Zielonka (Università Ca’ Foscari) ha aperto l’ultima giornata con una riflessione incisiva: “Integrazione e disintegrazione sono processi spesso simultanei: rispondiamo insieme alle crisi, ma i sovranismi continuano a minacciare il progetto comune”. Zielonka ha sottolineato come, di fronte a questioni migratorie ed incertezza nei mercati quanto in materia di sicurezza, il tentativo di risposte sinergiche si scontra troppo spesso con la volontà di molti di promuovere esclusivamente interessi nazionali.

Su questo si è espresso poi, durante il suo collegamento, il vicepresidente della Commissione Europea Raffaele Fitto ricordando che “serve uno sforzo corale da parte della Commissione europea, del Parlamento e degli Stati membri per definire un piano d’azione: sarà un dibattito non semplice, per individuare delle certezze che siano in grado di dare una prospettiva geopolitica all’Europa”. La difesa, ha chiarito, “non è la semplificazione delle armi, ma deve garantire sicurezza sull’energia, sull’agricoltura, sullo sviluppo economico e sociale del territorio: su questo l’Europa giocherà la sua partita del futuro”.

Concorde anche la vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picerno che ha ricordato però come “la sicurezza che possiamo e dobbiamo garantire ai cittadini europei non dipende soltanto dalle armi”, ma “dal controllo di un confine che magari si trova a migliaia di chilometri, da un cavo che si trova sotto il Mar Baltico, dalla capacità di intercettare i tentativi di orientare le opinioni attraverso la disinformazione. Abbiamo davanti delle sfide gigantesche da affrontare – continua – e nel momento in cui dobbiamo prendere delle decisioni, non dobbiamo dimenticare che questa Europa, per funzionare, ha bisogno di avere un’anima”.

Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha così invocato una “rivoluzione pacifica” che renda l’Europa più centrale sulla scena globale. Tra le riforme indicate: un unico presidente europeo eletto direttamente dai cittadini, più potere legislativo al Parlamento europeo e superamento dell’unanimità nelle decisioni del Consiglio.

Su questa scia a lanciare un messaggio di fiducia è stato infine il commissario europeo per i Giovani Glenn Micallef: “Nel 2025 l’Europa affronta sfide simili a quelle dei padri fondatori. Ma due terzi degli europei sono ottimisti: credono che potremo uscirne più forti grazie alla solidarietà. Il futuro sarà possibile solo dando potere ai giovani”.

Ma il futuro si costruisce anche attraverso l’arte. Lo ha ricordato Emilio Isgrò, intervenuto dalla sua Sicilia in occasione della mostra L’opera delle formiche, inaugurata a Scicli: “Le formiche siamo tutti noi – ha dichiarato – rischiamo di essere schiacciati da forze che non controlliamo. La nostra salvezza è nell’arte e nella libertà”. Isgrò, celebre per le sue cancellature, ha ribadito che “oggi più che mai, tocca alla cultura mettere ordine nelle parole: non possiamo diventare un popolo di gente muta”.