Uno pensa che è arrivata la fine del tunnel e poi si imbatte in questo annuncio shock: sopra i 50 euro di spesa se pagate con carta di credito potrete dilazionare in tre rate l’importo a tasso zero. Questo il claim che si può ascoltare in un grande supermercato romano. Su lanuovaeuropa.it Roberto Sommella ha provato a fare di getto un paio di riflessioni.
La prima è evidente: la crisi, quella che non si misura con i dati sul Pil, la fiducia dei consumatori e le previsioni del Fondo monetario internazionale, non è finita.
La seconda considerazione è che questa pur lodevole iniziativa della grande catena di supermercati francesi va sì incontro a chi è in difficoltà, ma forse lo induce a spendere più di quel che può. E alla fine potrebbe essere controproducente per chi utilizza la dilazione di pagamento.
Che ci siano però effettivamente segnali discordanti, lo dicono anche alcune statistiche e non solo all’altoparlante di un Carrefour. Se è in crescita la fiducia di consumatori e imprenditori, tornata ai livelli di dieci anni fa, aumenta invece il tasso di disagio sociale. Non sono dati che vanno l’uno a smentire l’altro, ma piuttosto indicano l’allargamento della forbice tra chi riesce ad uscire dalla crisi e chi invece ci è sprofondato.
Sul primo punto, molti indicatori segnano il ritorno al sereno, tanto che alcuni esponenti del governo si sono spinti a dire che il Pil potrebbe aumentare anche oltre l’1,5% nel 2017.
L’indice del clima di fiducia dei consumatori registrato dell’Istat è infatti aumentato ad agosto, passando da 106,9 a 110,8, rafforzando i segnali di miglioramento emersi nei mesi precedenti. Anche l’indice composito del clima di fiducia delle imprese ha registrato un aumento spostandosi da 105,6 a 107: in questo caso l’indicatore si colloca sui valori medi rilevati nel 2007.
Insomma tempo bello. Anche per parte delle imprese. Sempre nell’ottavo mese dell’anno, i diversi settori economici hanno mostrano infatti segnali eterogenei. In particolare, la fiducia è aumentata nel settore manifatturiero e in quello dei servizi passando, rispettivamente, da 107,8 a 108,1 e da 105,1 a 107; invece nelle costruzioni e nel commercio al dettaglio l’indice è in diminuzione (da 131,1 a 128,4 e da 108,8 a 105,3, rispettivamente).
L’altra faccia della luna è scura.
Il pessimismo di settori trainanti appena descritti fa il paio con il peggioramento delle condizioni di disagio sociale.
A luglio l’indice che lo misura, il Misery Index di Confcommercio, si è attestato su un valore stimato di 18,4 punti, in aumento di 3 decimi di punto rispetto a giugno, mese in cui si è registrato il valore più basso dall’aprile 2016. L’andamento è la sintesi della stabilità dei prezzi dei beni e servizi più acquistati a luglio e di un aumento, due decimi di punto, della disoccupazione estesa. Un miglioramento rispetto all’inizio dell’anno c’è stato ma, ha spiegato l’organizzazione dei commercianti, “la presenza di un’area del disagio sociale ancora molto ampia, rappresenta uno degli elementi che porta a valutare con una certa prudenza il quadro congiunturale.
I molti elementi positivi emersi nei periodi più recenti potrebbero, infatti, subire un’attenuazione in assenza di dinamiche occupazionali più sostenute rispetto alle attuali”.
Cosa sta accadendo dunque? Potremmo dire una crescita non uguale per tutti? Grandi giornali come Repubblica e Stampa non si sbilanciano.
I più scettici sostengono che bisogna ancora attendere per definire stabile la ripresa, mentre c’è chi già vede nella crescita del Pil e nella crescente fiducia degli imprenditori, alcuni dei quali pronti a fare assunzioni nei prossimi mesi, il segnale di una ripresa duratura.
Il lavoro, infine, va un po’ meglio ma anche qui qualche contrasto c’è. A luglio 2017 il tasso di disoccupazione ufficiale si è attestato all’11,3% (11,2% a giugno). Il dato riflette un miglioramento sul versante degli occupati e un peggioramento dal lato dei disoccupati. Il numero di persone in cerca di lavoro è aumentato di 61mila unità su base mensile e diminuito di 17mila unità rispetto a dodici mesi prima. Nello stesso mese il numero di occupati è aumentato di 59mila unità rispetto a giugno e di 294mila unità nei confronti di luglio del 2016.
Sul fronte degli scoraggiati (coloro che un posto non lo cercano proprio più) è proseguita la tendenza al ridimensionamento: 2mila unità su base mensile e 94mila su base annua. Un dato positivo se è vero che la torta del lavoro è fatta a strati e la base sono proprio i Neet.
In conclusione, la crescita c’è ma è a macchia di leopardo. Nella realtà dei fatti siamo ormai una società così complessa e divisa che è difficile distinguere bene le categorie un tempo molto definite.
Può quindi capitare di comprare vini di pregio a fianco a chi non ha 50 euro in tasca.
Cantava Gaber, barbera e champagne.

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