La Louise-Catherine è un battello fluviale pensato nel 1915 in cemento armato, ristrutturato da Le Corbusier negli anni trenta e andato a fondo nel 2018 per una piena della Senna. Chi avrebbe detto che sarebbe durato così a lungo. È la scommessa del nuovo esecutivo italiano, in teoria e sulla carta così pesante da poter andare a fondo subito, ma chi può dirlo, qui non si tratta di architettura ma di vero equilibrismo.  Il governo che serve non è infatti un qualsiasi governo ma un esecutivo di riconciliazione nazionale. Per questo il suo cammino, se la nuova entità vivrà per più di qualche mese prima del voto, sarà difficile. Se Salvini non ha ancora spiegato il motivo della crisi, i due partiti Pd e Movimento Cinquestelle non hanno ancora reso noto agli italiani perché fanno un governo insieme, pur odiandosi cordialmente. I cittadini credo che meritino due spiegazioni prima che nasca un eventuale Conte 2.
Chi fa nascere l’esecutivo dell’autoribaltone di Matteo Salvini, cioè democratici e grillini, dovrebbero convincere gli elettori che non lo fanno per la sola paura dell’uomo nero o peggio, per salvare la poltrona. Chiunque abbia ambizioni di guidare la settima economia del mondo deve avere una chiara lettura dello stato di salute dell’intera comunità che vuole amministrare, un programma ben definito, un’agenda dei primi interventi da effettuare.
Sul primo punto, è chiaro a tutti che in quattordici mesi il governo gialloverde ha diviso ulteriormente gli italiani, che già tendono a farlo di loro.

Probabilmente non è il dittatore che paventa nel suo libro Gianpaolo Pansa, ma Matteo Salvini ha fatto approvare al gabinetto di Giuseppe Conte provvedimenti non in odore di santità costituzionale, quali i due decreti sicurezza e la nuova legittima difesa. Pensare che i problemi dell’Italia siano solo generati dal leader della Lega che ha causato la crisi e che ora si risalderà col resto del centrodestra come effetto naturale di questo insolito auto-ribaltone, sarebbe però sbagliato. Chi ha accompagnato nel suo cammino il ministro dell’Interno è stato proprio il Movimento Cinquetelle, il quale mentre annunciava il cambiamento, ha compiuto una fenomenale opera di modifica genetica all’interno dello Stato (che va oltre lo spoil system che tutti applicano), mettendo in discussione certezze acquisite, come il valore della competenza, l’utilità dei vaccini, l’importanza dell’Unione Europea, la crucialità del merito e dello studio.Agendo da fronti opposti, ma alla fine coincidenti, la Lega da quello produttivo settentrionale, il Movimento da quella vasta fetta di società precaria e dimenticata dalla sinistra, le due componenti dell’esecutivo nato come un esperimento populista e defunto a ferragosto, nella smania di smontare tutto hanno indebolito fortemente quello che restava di saldo nella pur imperfetta comunità italiana. Provvedimenti quali quota 100 e reddito di cittadinanza, non appaiati a misure che incentivassero davvero la nuova occupazione, hanno alla fine contributo ad aumentare lo spread tra chi lavora e avrà una pensione e chi quest’ultima se la sogna e per questo scappa all’estero o aspetta un sussidio. Insieme i due partiti, ma sopratutto una insana logica di conquista che ha poi pervaso milioni di persone, hanno minato, con l’uso potente dei social e la proliferazione dell’ignoranza artificiale, il senso di comune appartenenza, il dovere di accoglienza, il diritto di farsi valere per i propri numeri e non per la partecipazione ad uno schieramento. Servizio anche questo che agli italiani purtroppo riesce benissimo, perché così sono stati abituati dalla politica.

In pochissimo tempo sono stati incrinati, senza offrire una valida e concreta alternativa, traguardi ormai consolidati come la moneta unica (e non che non ci siano imperfezioni da sanare nell’eurozona), la partecipazione all’Unione Europea (anch’essa decisamente perfettibile), la necessità di effettuare opere pubbliche, il decisivo ruolo dell’istruzione. Abbiamo assistito alla caduta non solo di un governo ma di un intero paese. Ma ora c’è da evitare gli scogli che affiorano nel mare d’autunno. L’italia è troppo importante per aspettare chi sta dimostrando di pensare più all’occupazione del potere che a quella di chi cerca un posto (e non si tratta solo di questa legislatura); il nostro è un paese sfibrato, lacerato da sentimenti contrastanti ma sicuramente incattivito. La Lega di Salvini ha agevolato il diffondersi di un sentimento razzista che rasenta il fascismo in un popolo accogliente invece per natura ma che evidentemente non ha smaltito ancora le antiche tossine; i Cinquestelle hanno instaurato una speciale dittatura della mediocrità, dove chiunque può diventare ministro, scienziato, medico, senza la dovuta preparazione. Ma di questa mediocrità stanno essi stessi morendo.

I danni di questa operazione avvenuta quasi come una guerra lampo, si sentiranno per anni, e non sono solo economici, perché molto più profondi, tanto che sarà più facile far ripartire il Pil che far tornare indietro 130.000 laureati. Ancor prima di metter mano alla manovra economica per sventare l’aumento dell’Iva e salvaguardare 250.000 posti di lavoro in pericolo in 160 crisi aziendali (solo per citare le urgenze), e mettere in pratica la ventina di punti del programma di governo approvato dalla piattaforma Rousseau, il Partito Democratico e le altre forze riformiste, insieme al Movimento grillino, dovranno cancellare questa stagione di follia collettiva che ha preso la mano a tutti, trasformando i doveri in diritti acclarati e i diritti in qualcosa di non scontato.

Ci vorrà del tempo ma ci si riuscirà, ripartendo dai fondamentali su cui è nata la Repubblica Italiana. Essa è fondata sul lavoro, sull’eguaglianza, sulla necessità di abbattere le disparità sociali, sul rispetto delle diversità. Questo è il programma, non va messo in votazione su una piattaforma perché è la nostra Costituzione. Servirà che tutti i protagonisti del momento  siano convinti di agire per il bene comune, consapevoli che loro passano e il paese resta.
Dal governo del cambiamento al cambiamento del governo il passo è stato troppo grande per restare senza risposte.