(l’autore è componente del Comitato Scientifico per la Conferenza sul futuro dell’Europa)

Si è arrivati al sessantaquattresimo anniversario della firma dei Trattati di Roma che istituirono la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità Europea dell’Energia atomica (CEEA) e nell’anno delle celebrazioni degli 80 anni del Manifesto di Ventotene e ancora non abbiamo dei veri cittadini europei. Vediamo perché e partiamo dagli obiettivi che si poneva la nascente Europa unita.

I trattati di Roma contenevano tre affermazioni importanti: il carattere irreversibile dei processo di integrazione comunitaria, il ruolo della Comunità per garantire la pace non solo fra Germania e Francia ma in tutto il continente e l’obiettivo di una prosperità condivisa fra i popoli che ne avrebbero fatto parte. Qualcosa si è fermato, da tempo. Ripartirà grazie alla crisi Covid? Prima della pandemia il ruolo dei governi nazionali era già diventato preponderante rispetto a quello della Commissione. Lo si è visto anche con il varo del Next Generation Eu nell’anno della pandemia: senza il sì di Francia e Germania il piano di Bruxelles sarebbe rimasto solo una proposta.

Per decenni, nonostante il crescere delle sfide a livello europeo e internazionale, i trattati sono stati considerati non modificabili dai governi nazionali. Ma nello stesso mezzo secolo le sfide continentali e mondiali sono cresciute: in trent’anni abbiamo assistito al crollo del Muro di Berlino, alla nascita dell’Unione Monetaria e dell’euro, all’avvento della globalizzazione, alla prima grande crisi finanziaria dell’Ue, all’attacco all’eurozona, infine alla pandemia di Coronavirus. Tutto ciò in una situazione in cui si è resa irreversibile l’interdipendenza economica, finanziaria, sociale, ambientale e culturale. Sono così aumentate le pulsioni contro il multilateralismo ed è diventato insopportabile nell’Unione il peso delle sovranità nazionali. Sull’integrazione sono intervenuti poi come dei martelli disgregatori prima la crisi dell’euro, poi quella dei migranti, infine quella dei vaccini. E nel frattempo non si è registrato alcun passo avanti sulla riforma della governance comunitaria. Nessuna modifica alla politica dell’accoglienza. Nessuna azione concreta per il futuro dei giovani. Nessuna revisione dell’assetto contabile, che ha reso l’austerità un dogma più che una necessità reale.

In un celebre discorso nel 1946 a Zurigo Winston Churchill indicò lo spirito che si doveva perseguire. ‘’Per evitare che tornino le epoche buie c’è un rimedio. E qual è questo rimedio sovrano?’’, si chiese. ‘’Esso consiste nella ricostruzione della famiglia dei popoli europei, o in quanto più di essa possiamo ricostituire, e nel dotarla di una struttura che le permetta di vivere in pace, in sicurezza e in libertà. Dobbiamo creare una specie di Stati Uniti d’Europa. Solo in questo modo centinaia di milioni di lavoratori saranno in grado di riconquistare le semplici gioie e le speranze che rendono la vita degna di essere vissuta’’. Sembrava impossibile, ma così è stato, nel dopoguerra. Si può dire che oggi 500 milioni di europei e soprattutto i loro governi, stanno lavorando nella stessa direzione indicata da Churchill una volta finita l’emergenza sanitaria? Nell’Unione di oggi a parole tutti sono europeisti – non foss’altro perché useranno i soldi del Recovery Fund – ma nei fatti la voglia di tornare agli Stati nazione cova sempre sotto la cenere.

La Conferenza sull’Europa diventa così un’occasione, forse pletorica, ma comunque unica nel suo genere – la consultazione dal basso di tutti i cittadini europei attraverso una piattaforma social – per produrre una serie di proposte che rilancino il corso delle riforme europee. Non va sprecata.

Ci sono azioni da intraprendere su sei fronti: Costituente, Migrazioni, Sicurezza, Industria-Ambiente-Digitale, Disuguaglianze, Formazione. Provo a sintetizzarle. 1) Innanzitutto i partiti europei e quelli nazionali nei paesi dell’Eurozona devono assumere nei loro programmi un preciso impegno per redigere finalmente la Costituzione di una futura Comunità federale, che sia poi approvata attraverso un referendum popolare pan-europeo, dove vengano sanciti i valori essenziali dello stato di diritto: la supremazia della legge, l’eguaglianza, il pluralismo dell’informazione, la separazione dei poteri, i diritti fondamentali, le diversità culturali. 2) Nell’ambito di queste identità serve poi con la massima urgenza una politica europea per le migrazioni che garantisca il diritto di asilo e obblighi gli Stati membri ai doveri d’accoglienza, rinnovando la cooperazione con l’Unione Africana e la Lega Araba e promuovendo un vero piano europeo di investimenti. 3) Sul fronte invece della sicurezza interna dei cittadini, occorre creare una dimensione europea nella lotta alla criminalità organizzata, alla corruzione e al terrorismo transnazionali, gettando le basi di un diritto penale europeo, rafforzando i poteri della Procura Ue e creando un’Agenzia di intelligence comune, un Fbi europeo. Il tutto, ovviamente, non può reggere senza una politica estera unica, che sia fondata su una sola voce dell’UE nelle sedi internazionali e sul voto a maggioranza nel Consiglio. 4) Dal punto di vista industriale, occorre poi attuare pienamente gli obiettivi delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e affrontare nello stesso tempo i problemi della digitalizzazione e dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che potrebbero avere effetti devastanti sull’occupazione. In un mondo in cui i nuovi monopoli digitali fatturano più di un intero grande paese, godendo anche di paradisi fiscali nella stessa Eurozona, il Mercato Unico deve contare su strumenti antitrust nazionali ed europei indipendenti e rafforzati. 5) Ma imprescindibile resta su tutto il versante economico anche il tema delle disuguaglianze. E’ urgente adottare politiche e misure europee per superare gli strumenti economici e finanziari adottati nell’UE dall’inizio della crisi, creare un welfare europeo e un mercato unico del lavoro, insomma un Social compact che si contrapponga definitivamente al Fiscal Compact. È essenziale che l’Unione monetaria europea sia dotata di un vero e proprio governo politico ed economico: dunque occorre creare degli strumenti finanziari per assicurare una prosperità condivisa, costituire un Ministero Unico del Tesoro che emetta Eurobond stabilmente (non solo per il Next Generation Eu) e che graviti attorno alla nuova borsa Euronext per finanziarie politiche contro la disoccupazione. Molti sostengono che per fare tutto ciò occorre riscrivere i trattati. Ma questo in parte non è vero. Senza rivedere i trattati, durante l’emergenza Covid sono stati sospesi il Patto di stabilità, il Fiscal Compact, il divieto di aiuti di Stato e sono state varate corpose emissioni di debito comune della Commissione Europea. Dunque, si può cambiare.

Non si può però attuare nulla di questo vasto programma senza radicare nelle fondamenta della società e tra i giovani il principio di cittadinanza federale attraverso la formazione. Questo obiettivo può essere raggiunto rendendo obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado lo studio dell’educazione civica europea, mentre vanno introdotti elementi essenziali di studio del diritto europeo in tutte le facoltà universitarie. Solo così avrà ancora un senso parlare di Unione di diversità nella libertà. Solo così daremo uno stato ai cittadini europei e dei cittadini a uno Stato.