di Roberto Sommella 

A sentire quella della City la vita è troppo breve per diventare un esperto dell’UE. Per questo servono, anzi, servirebbero i politici. C’è chi sostiene che aver affidato al popolo britannico la scelta su un tema così complesso come la permanenza o meno del Regno Unito nell’Unione sia stato un grave errore perché le conseguenze si sono già viste nei trenta mesi trascorsi dal voto: spaccatura dell’elettorato in due campi avversi, fratture  all’interno dei due principali partiti, incertezza economica, governo May condannato a governare ma senza una rotta precisa, traballante tra una hard Brexit e un lungo addio che potrebbe concedergli Bruxelles fino al 2020. E, cosa che si tende a rimuovere, l’assassinio di una deputata in campagna elettorale: Jo Cox. Nella patria della democrazia parlamentare e liberale se ne se no già viste di tutti i colori. 

Ma prendersela con l’elettorato, quando sono invece Downing Street e il Parlamento a non riuscire a trovare una soluzione, non fa che esacerbare il clima che si respira nei confronti delle istituzioni e dell’Europa. Molti governi sovranisti, a cominciare da quello italiano, sostengono che Bruxelles abbia voluto umiliare Londra con il suo accordo zibaldone da 500 pagine in cui si pretendeva che l’Irlanda del Nord rimanesse nel mercato unico. Impensabile. Come era impensabile trovarsi il Regno Unito così poco pronto ad affrontare cavilli, memorandum, Barnier. Che sia una sottile e spietata vendetta bonapartiana non è da escludere, in fondo.

Ora ci si illude che si riprenda il cammino della trattativa, la stessa che ha permesso all’Italia di evitare la procedura d’infrazione o quella che non è stata mai avviata per permettere alla Commissione di chiudere letteralmente entrambi gli occhi davanti al surplus della Germania e al deficit crescente della Francia. Abbiamo sbagliato con la Grecia, ha ammesso Jean Claude Juncker, ponendo fine alla campagna elettorale e ponendo una pietra tombale a dieci anni di austerity buttati via. Nessuno sembra più avere consapevolezza del problema che si ha di fronte: l’Europa è invisa a milioni di cittadini perché le sue istituzioni continuano a ignorarli. Gli inglesi forse avevano capito tutto questo già nel 2016 al momento del referendum e ora si accorgono che dalla gabbia europea è impossibile uscire. Chi ci entra deve saperlo. L’Unione va troppo stretta a chi vuole ridurla ad una semplice area di libero scambio ed è troppo larga, troppo eterogenea, per chi ha l’ambizione di trasformarla in un soggetto importante del nuovo equilibrio mondiale. Una compiuta democrazia sovranazionale federalista. Ma queste sono solo belle aspirazioni nel caos della politica, presa in ostaggio dalla tecnica dei burocrati. 

Così finirà che gli inglesi non usciranno più da una cosa che alimenta se stessa a colpi di regolamenti, atti e trattati. Così l’Europa muore. O forse non è mai esistita davvero oltre che sulla carta geografica e in qualche faldone a Strasburgo.