di Roberto Sommella, presidente della Nuova Europa

 

I governi passano, tutti i governi. Restano le radici europeiste di un paese fondatore come l’Italia, che dalla partecipazione all’Unione ha tratto la spinta modernizzatrice e la
condivisione di una causa comune che non fosse bellica. Ma come tutte le radici che possono essere recise da un colpo di vanga ben assestato che voglia disancorare l’albero al terreno piuttosto che muovere la terra per concimarla, anche le conquiste di libertà possono sparire molto più velocemente di quanto si pensi.
E’ questo il rischio che sta correndo il nostro paese e con esso l’intera Europa nata nel 1957, continuando a sottostimare il reale impatto sull’opinione pubblica dell’ondata populista che prima ancora che nei sondaggi, si sta dipanando a macchia d’olio in tanti gangli della società.

In tanti, tra coloro che prima condividevano un’idea di democrazia integrata tra paesi divisi da secoli di guerre sanguinose, rispettosi delle istituzioni, nel caso di quelle comunitarie, sicuramente riformabili e perfettibili, oggi mal celano un sentimento di rabbia crescente. Una rabbia sorda, cieca, ma alla ricerca rabdomantica di tutto ciò che è diverso, possa essere un immigrato, uno straniero, un ebreo o semplicemente qualcuno che ancora si rifà allo spirito del Manifesto di Ventotene. L’Europa, più che i gattopardi della sua burocrazia, è diventata così la causa di tutti i mali e l’Unione un Leviatano da abbattere, come se si trattasse di una riedizione del Terzo Reich o dell’Unione Sovietica, che più che garantirle le libertà personali le
schiacciarono senza pietà. La disoccupazione, la mancanza di crescita economica, l’assenza di prospettive per i giovani, persino il crollo di un ponte, sono ormai addebitate quotidianamente nel dibattito dell’agorà digitale e nelle piazze reali alla presunta prepotenza dell’Unione Europea che ha voluto unire tante diversità. E’ necessario porre un freno a questa ondata distruttiva che nasce dal nazionalismo muscolare degli ex paesi del blocco sovietico, oggi radunati nel gruppo di Visegrad, si sviluppa in rete attraverso una miriade ben concepita di false informazioni e contamina in vario modo l’Italia, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, in un trionfo pericoloso di piccole patrie.

In questa rotta dissennata verso l’iceberg della dissoluzione non ci sono ricette facili, ma
occorre trovarne di comuni. A cominciare dal lavoro nascosto delle tante associazioni che da anni si stanno spendendo per un’Europa migliore e più inclusiva e che non hanno mai avuto un’eco sufficiente, per colpa a volte anche di quegli stessi governi che si dicevano europeisti a parole e che le parole ora le hanno perse, seduti attoniti sui banchi dell’opposizione. E’ il momento di unirsi tutti nel continente in un grande Movimento Democratico Europeista che si opponga alle forze dello sfascismo di destra e alle assurde utopie neo nazionaliste. Anche per questo la mia associazione, La Nuova Europa, è orgogliosa di essere stata invitata all’Eliseo per consegnare al Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, il frutto del suo lavoro nella Scuola d’Europa a Ventotene, il Manifesto dei Giovani Europei.

Come ha scritto su queste colonne Eugenio Scalfari, per fermare una deriva che sembra
condurre a una guerra di secessione europea, occorre lo sforzo di tutti, in tutti i paesi,
ripartendo dai principi democratici che hanno fatto prevalere l’uomo su ogni tipo di
discriminazione e prevaricazione: appunto, la libertà, l’uguaglianza, la fratellanza. Sono stati la stella polare dei diritti dell’era moderna e oggi rappresentano ancora la bussola per chi si è perso nell’Europa dei confini, dei fili spinati, delle bugie digitali che si fanno verità.

Ma le parole ormai non bastano, come non basta l’associazionismo o le manifestazioni
estemporanee. A tutti i livelli, dai media ai giornali passando per le scuole, occorre sancire quegli antichi principi rivoluzionari presidiando le istituzioni, rafforzando il ruolo della scuola, garantendo ogni giorno a tutti i diritti di cittadinanza, incalzando gli stanchi partiti senza meta del centro sinistra europeo. Tracciando una linea rossa invalicabile tra il lecito antieuropeismo e le sue pericolosissime derive che si chiamano razzismo, xenofobia, antisionismo, che contaminano la nostra comunità.
Per tutto questo.
Battiamoci. Battiamoci. Battiamoci. Insieme.