La moda degli ultimi giorni è diventata la gara a trovare “cose” da cui la sinistra dovrebbe ripartire. Esempio: Aboubakhar Soumahoro dice cose giuste in TV, “la sinistra deve ripartire da Aboubakhar Soumahoro”. C’è una manifestazione contro Salvini, “la sinistra deve ripartire da quella meravigliosa piazza”. Un’iscritta contesta la direzione al congresso del PD, “la sinistra deve ripartire da quella donna”. Insomma, è diffuso il sentimento secondo cui la sinistra si è bloccata e deve ripartire. Analisi corretta, mentre è scorretta l’idea secondo cui la sinistra deve ripartire da qualcosa o qualcuno. “La sinistra deve ripartire da Calenda, la sinistra deve ripartire da Giachetti, dall’umanità, da Ciotti, da Saviano, dalle feste dell’Unità”. La sinistra, però, non è come una Ferrari col motore in panne, ferma sul circuito di Monza. È come una bicicletta ferma sulla pista di Monza mentre le auto Gareggiano a Montecarlo. Non ci serve un nuovo simbolo, non ci serve un nuovo volto. Non è come quando morto un Prodi si faceva un Veltroni e morto un Veltroni si faceva un Bersani. Oggi, morta una sinistra se ne fa…? Non si sa cosa. Se le elezioni sono andate male è perchè tutto lo schieramento di sinistra ha chiesto ai cittadini di votare i propri partiti senza aver mai detto quale soluzione avessero per l’immigrazione. E che quello fosse il tema che avrebbe deciso le consultazioni era evidente. Quello che siamo riusciti a fare è stato dire che gli “altri” sono disumani, che dobbiamo avere più solidarietà, che “noi” non li lasciamo affogare. Cose che andavano dette, ma che dovevano precedere la proposta concreta di gestione del fenomeno che avremmo dovuto ostentare orgogliosamente come nostro manifesto. Il popolo ha deciso che il problema dell’Italia è quello dell’immigrazione e, che sia vero o no, è al popolo che si chiedono i voti. La forza di Salvini è stata anche quella di avere una risposta al problema. Orribile, disumana, quello che volete. Ma era una risposta. Dalla sinistra quale proposta è arrivata? C’è un aspetto che, da tutti i partiti “umanitari”, non è stato considerato minimamente nella scorsa campagna elettorale: quello dell’imbarazzo dell’elettore al bar. Votare, per i pochi che seguono la politica assiduamente, è un dovere quasi ideologico e che è praticato in una ricerca di continuità e coerenza con i vari voti dati nella propria vita. Mentre c’è una “classe” di votanti che vota per piacere, quasi come svago ogni 5 anni. E vede chi lo convince più quell’anno, chi ha i toni più forti e chi ha il programma più comodo da sostenere perchè, quando per un mesetto al bar si parlerà di politica, dovrà aver preso una posizione. E quando deve discutere di politica appoggiandosi a un partito, deve far bella figura. Sceglie il partito più “protestante”, più distruttivo e meno costruttivo, quello che da’ più risposte a più problemi, facili da replicare e discutere. E quest’anno, al bar, l’elettore che aveva scelto di persevereare nel suo essere di sinistra si è dovuto subire i discorsi deliranti di chi ha invece scelto la Via Salvinis, senza potergli opporre altro al di fuori di frasi sull’umanità e sull’accoglienza. Facendo la figura dello scemo, del disinformato e del “buonista”. La sinistra non ha dato al suo elettore una lontana idea di ciò che proponeva di fare col problema chiave delle discussioni e ha costretto i suoi elettori all’imbarazzo del fare la figura degli idioti al bar. E un elettore poco affezionato sceglie chi votare anche sulla base di chi farà lui comodo sostenere e rivendicare di aver votato. Chi ha votato PD ha dato un’immagine di se’ debole e poco sicura. La posizione era sconveniente e quasi vergognosa, perchè, sempre al solito bar, concluso il discorso sui valori umanitari, gli altri avranno prima o poi chiesto: “Si, ma che farà il tuo partito con l’immigrazione, concretamente?”. E a quella domanda, francamente, non c’era risposta. Ora, concluso il momento delle critiche, serve senza esitazioni quello delle proposte. E l’urgenza più critica è quella del vuoto propositivo consegnato agli elettori nello spiegare agli altri il loro voto. È dunque urgente una riunione, a mio avviso, di tutte le forze progressiste, che si chiudano dentro una stanza e dopo tre giorni di “conclave” se ne escano con una proposta unitaria da fornire in tema di immigrazione. Ci è stato detto fin oggi che un’alternativa al sistema di Salvini esiste. E i pochi, che vi hanno votato, meriterebbero di vederla.

 

Ad essere precisi esiste una proposta concreta e si chiama “Ero straniero”. È la proposta di legge sull’immigrazione di Emma Bonino per cui i Radicali hanno raccolto 50 mila firme* in tutta Italia l’anno scorso. È depositata in parlamento e con la maggioranza che abbiamo oggi non vedrà probabilmente l’approvazione. Ma è una risposta e una soluzione potrebbe essere quella di rendere quella battaglia il manifesto di tutti. Che si trovi un’altra proposta o che si decida di assumere tutti la posizione di Emma Bonino, gli elettori meritano di non fare più la figura dei disinformati con i disinformati veri.