L’anno 2016, segnato dalla vittoria del leave in Gran Bretagna del 23 Giugno e da quella di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane dell’8 Novembre, ha scosso l’opinione pubblica di tutto il mondo e suscitato molteplici interrogativi sulle ragioni e sulle motivazioni di tali avvenimenti. Non è facile capire come reagire a spinte come quella populista, che, senza dubbio, si nutre più di emozioni che di ragioni. È necessario riflettere, approfondire e non cercare di semplificare, o meglio, banalizzare la complessità.

Ci ha provato la European Broadcasting Union con il progetto “Generation What”, lanciato nell’Aprile 2016 per dare l’opportunità a quasi un milione di giovani di oltre trentacinque Paesi di parlare e di essere ascoltati. Una piattaforma per costruire ponti, non solo tra generazioni, ma tra i cittadini e le istituzioni che influenzano le loro vite. Il rapporto “Generation What” fornisce dati utili a capire meglio le prospettive dei giovani nei confronti del presente e del futuro. I millennials sono la generazione cresciuta con lo spettro permanente dell’11 Settembre, la crisi finanziaria del 2008 e la massiccia migrazione dalle zone di conflitto. Ciò si riflette nei dati del sondaggio “Generation What”: stabilità e sicurezza hanno un impatto diretto su fiducia e ottimismo, influenzando, parallelamente, il modo in cui è vista l’Europa. Più i millennials si sentono insicuri, più il loro atteggiamento nei confronti dell’Unione è ostile; sono più propensi a scegliere soluzioni come la Brexit, ad aggrapparsi a ciò che è familiare, ad escludere quanto è loro estraneo, a sostenere le ideologie nazionalistiche. Ne deriva un’inevitabile conseguenza: l’ottimismo e il supporto per l’Europa unita vanno di pari passo. I risultati del sondaggio evidenziano, inoltre, una connessione diretta tra la situazione finanziaria dei giovani e il loro ottimismo: è più facile ideare piani, credere nella possibilità di cogliere opportunità, in assenza di problemi legati alla mancanza di risorse. Altro elemento tale da destare l’ottimismo giovanile nei confronti del futuro è, senza dubbio, l’efficacia del sistema educativo: la convinzione che la formazione fornita dal proprio paese sia in grado di trasmettere competenze propedeutiche al mondo del lavoro e un equo accesso allo stesso costituisce un imprescindibile incentivo ad una lettura positiva e propositiva del reale. Insieme alle indicazioni generali, i risultati del progetto rivelano le caratteristiche più specificamente nazionali, legate, in primo luogo, alla tenuta dei sistemi di supporto e di tutela sociale. In molti paesi, i genitori svolgono un ruolo importante in questo ambito, specialmente per i giovani intervistati in Germania, Spagna e Lussemburgo, per quanto, in Irlanda e nel Galles, gli amici sembrino esercitare un’influenza maggiore della famiglia. Questa constatazione induce ad una constatazione, tale da coinvolgere trasversalmente padri e figli: la fiducia nelle altre generazioni è la base dell’ottimismo; se questa manca, si riscontra una chiara tendenza al pessimismo, che si traduce in un vero e proprio conflitto generazionale, giacché i giovani con prospettive negative, soprattutto in Svizzera, Spagna, Paesi Bassi e Belgio, ritengono che le generazioni precedenti abbiano una grande responsabilità rispetto ai problemi odierni. Sul piano generale, in materia di ingiustizia sociale, i risultati mostrano un atteggiamento particolarmente critico nei confronti della questione in Francia, nonostante il crescente divario tra ricchi e poveri influisca in modo altrettanto negativo sull’ottimismo dei giovani partecipanti in Austria, Lussemburgo e Belgio; emerge, certo, platealmente come, soprattutto tra i giovani greci, le ingiustizie economiche siano un fattore determinate nella percezione negativa del futuro. In Svizzera, il timore di una crisi economica contribuisce alla formulazione di una prospettiva molto pessimistica, che, ancora una volta, si correla con una richiesta quanto mai forte: restringere il mercato del lavoro a determinati gruppi di persone. Una visione, quest’ultima, che trae costantemente linfa vitale dall’impressione che i fondi pubblici siano adoperati con criteri poco trasparenti e virtuosi. La connessione tra sviluppo economico e prospettive future riscuote particolare credito presso i giovani olandesi e tedeschi, sebbene, in Germania, la percezione della crisi economica abbia avuto un impatto minore rispetto alla media europea (spiccano, in un’ottica contrastiva rispetto all’esempio tedesco, Galles, Repubblica Ceca e Svizzera). Per quanto attiene alle tensioni del mondo del lavoro, si segnala come la disoccupazione sia motivo di apprensione tra i giovani cechi, francesi e italiani, particolarmente propensi all’adozione di un’ottica sostanzialmente scorata e sfiduciata. Sul versante dei flussi migratori e delle loro ripercussioni sul tessuto sociale europeo, il sondaggio dimostra come l’immigrazione assurga al rango di minaccia grave e reale in Austria. A questo punto, l’attenzione si sposta sul grado di interazione e di risposta alle sfide sopraelencate posto in essere dagli esponenti delle istituzioni nazionali. In altri termini: i politici riescono a creare fiducia tra i giovani? La risposta varia molto da un paese all’altro. In Grecia e in Italia, la sfiducia nei rappresentanti politici porta ad un pessimismo conclamato, riscontrabile, d’altronde, anche in Austria, Belgio e Lussemburgo. In questi tre paesi, la maggioranza degli intervistati ha asserito l’esistenza di un rapporto causa-effettuale tra la convinzione che le istituzioni politiche e i loro rappresentanti siano corrotti e una concezione negativa del futuro. In modo analogo, parlando dell’UE, i giovani lussemburghesi hanno espresso un giudizio radicalmente duro nei confronti di una burocrazia, vista come eccessivamente pervasiva e opprimente. Non migliora questo quadro la crescita del nazionalismo, che, emblematicamente, rafforza il pessimismo dei giovani gallesi. Tuttavia, nonostante le diffuse critiche all’establishment politico, il pessimismo strisciante non sembra condurre automaticamente ad una ribellione a livello europeo. Su questo aspetto, influisce un dato interessante e determinante per il futuro del vecchio continente: le organizzazioni e le istituzioni politiche non sono le uniche a giocare un ruolo rilevante rispetto all’ottimismo dei millennials, poiché anche le organizzazioni non governative hanno un’influenza non marginale.

Equità sociale, sicurezza, stabilità paiono essere gli unici elementi tali da rafforzare la fiducia delle giovani generazioni e, di pari passo, il futuro dell’Europa unita.