Come il ghiacciaio grande quanto la Liguria che si stacca dal polo, l’Italia si trova prigioniera tra due fuochi, sganciata dal resto d’Europa. Il primo è quello vero degli incendi che cingono d’assedio mezza penisola dal Vesuvio a San Vito lo Capo, dove la gente scappa verso il mare in ciabatte mentre si cominciano a pagare le disfunzioni dell’affrettata eliminazione del corpo forestale in un paese fatto di acqua, monti e boschi. Quello stesso mare continua a trasportare migranti a getto continuo senza che alcun vertice, da quello di Varsavia all’ultimo di Trieste, riescano a partorire una soluzione. Tra oggi e domani sono infatti in arrivo altri 7.316 profughi, tutti ospiti di una dozzina di imbarcazioni che hanno una sola destinazione: l’Italia. Nel capoluogo friulano durante il trilaterale Roma-Berlino-Parigi, il presidente francese Emmanuel Macron ha di nuovo spento tutte le speranze, ribadendo che il suo paese accoglierà solo rifugiati che scappano dalle guerre, attualmente una netta minoranza. E se Angela Merkel non trova altre parole per ringraziare il premier Paolo Gentiloni e l’opera delle forze italiane, il vertice di Frontex non lascia aperta alcuna porta alla speranza e chiude i porti degli altri, i numeri ufficiali non possono che preoccupare sempre di più. O si troverà un modo per modificare l’accordo di Dublino, che impone al salvatore di accudire i salvati, magari con una sentenza della Corte di Giustizia europea su un ricorso sloveno in materia di richiedenti asilo che interpreta in modo più solidale questo principio, o la tensione è destinata a salire con esiti imprevedibili sulla politica interna e comunitaria.
I numeri sono più che eloquenti. Secondo i dati del Viminale, tra gennaio e l’11 luglio, sono sbarcati 85.209 immigrati, contro i 78.015 dello stesso periodo del 2016: il 9,22% in più.
La percentuale è significativamente calata a luglio, quando gli sbarchi si sono quasi azzerati. Fino a fine giugno infatti la percentuale di incremento rispetto al 2016 era il doppio di quella attuale: +18,71%. Il futuro è quindi un’incognita.
Tre le scelte in campo per l’Italia. Bloccare le partenze, grazie a accordi con le tribù e i governi libici e con gli altri Stati africani di partenza e transito dei migranti, cosa ovviamente possibile ma di difficile attuazione senza uno straccio di collaborazione da parte degli altri paesi e di Bruxelles. Stabilire il “blocco navale” (che è un atto di guerra), decretare il divieto di accesso ai porti italiani, che rischierebbe però di scatenare numerosi ricorsi giuridici, come ha confidato Giuliano Amato a chi scrive.
Ci vorrebbe l’Europa, quella stessa Europa che continua ad essere molto (troppo) accondiscendente su deficit, salvataggi bancari e riduzione del debito. Un atteggiamento morbido che fa pensare ad uno scambio, forse mai concordato, ma inaccettabile per qualsiasi paese e in primo luogo per l’opinione pubblica italiana.
Il governo dovrebbe avere il coraggio di dire a Bruxelles basta sconti, prendetevi i migranti. Non accadrà.

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