In Europa la ripresa è donna. E il contributo degli immigrati diventa anch’esso fondamentale nel cuore d’Europa, in Germania e in Italia. La Banca centrale europea sfata il mito che le due categorie appena citate siano l’anello debole dell’economia comunitaria. Tutt’altro, sono la forza trainante della crescita economica che nell’Unione Europea comincia a diventare diffusa, seppur con alcune difficoltà occupazionali (in special modo in Italia).

L’aumento della forza lavoro durante la ripresa economica è stato trainato dalla partecipazione femminile, si legge infatti nel Bollettino mensile dell’Eurotower. “Se l’aumento della percentuale di persone appartenenti a fasce d’età più elevate caratterizza entrambi i generi, per le donne la crescita del tasso di partecipazione nel corso della ripresa è stata più sostenuta, mentre il calo della forza lavoro in piena età lavorativa (tra i 25 ed i 54 anni di età) è stato più contenuto’’.

Decisivo il livello di scolarizzazione: le donne sono più istruite degli uomini e cominciano a farsi largo. Non c’è dubbio. “L’aumento del tasso di partecipazione femminile e il modo in cui tale partecipazione differisce da quella maschile sono riconducibili in larga parte alle divergenze esistenti fra il livello di istruzione degli uomini e quello delle donne. Nella popolazione femminile in età lavorativa la percentuale di donne con un’istruzione terziaria è più elevata rispetto all’analoga percentuale fra gli uomini”, rilevano gli analisti della Bce.

Analogo discorso anche per gli immigrati, sempre al centro dell’attenzione come forza destinata a scardinare la società europea e non invece a dare un suo contributo concreto. Quelli provenienti da stati membri dell’Est e dunque potremmo dire immigrati endogeni di prima generazione. Nell’Eurozona nel suo complesso, si legge nel Bollettino ‘’durante la ripresa l’immigrazione ha dato un ampio contributo positivo alla popolazione in età lavorativa, riflettendo soprattutto l’afflusso di lavoratori dai nuovi stati membri dell’Unione europea. A sua volta, ciò ha verosimilmente avuto un effetto considerevole sulla forza lavoro, in particolare in Germania e Italia, ma anche in altre economie minori dell’area”.