Al laissez-faire dell’illuminismo francese, teoria economica che ha dominato le politiche di tanti uomini di governo nel corso della storia degli ultimi tre secoli, si contrappone ora la nuova grande teoria politica che potrebbe cambiare per sempre il modo di affrontare le sfide globali: il “laissez-perdre”. Ne è inventore Beppe Grillo e ne è il maggior esponente Luigi di Maio. La tesi centrale è che di fronte a qualsiasi sfida economica, sociale o politica è meglio abdicare al compito di trovarvi una soluzione, pregando che il problema vada via da solo. Ne è un esempio quello che è successo un mese fa con la questione dei “riders”, i ragazzi che per pochi euro lavorano come fattorini per le società di consegne a domicilio. Con il nuovo Decreto Dignità la società Foodora ha deciso di disinvestire nell’Italia e ha minacciato di lasciare il nostro Paese. La risposta degli esponenti grillini è stata davvero originale. Contro i pregiudizi di chi vorrebbe i grillini poco acculturati, hanno scelto di rifarsi ad un classico della letteratura greca, ossia la favola della volpe e dell’uva di Esopo. In pratica, un’azienda ha problemi con i dipendenti e la misura presa dal Governo la fa fuggire. La volpe, ossia il Movimento 5 stelle, decide che in realtà non ha fallito ma, per citare Grillo, ha “creato acque difficili a questi pizzicagnoli del lavoro”. In altre parole, “tanto quella Foodora è acerba. L’Italia sogno dei cinquestelle è quella degli anni 60, con le botteghe artigianali e i piccoli negozi. E chi è al Governo passa il tempo a coccolarsi nel sogno di quell’Italia perduta, distrutta dai supermercati e dalle multinazionali. E vede la globalizzazione come un nemico, non come una sfida. Come un qualcosa di troppo grande da combattere, come un tornado che “tanto passa, mettiamo i sacchi di sabbia alla finestra, chiudiamoci in casa e domani è tutto come prima”. Durante il confronto televisivo pre-ballottaggio in cui si sfidarono Emmanuel Macron e Marine le Pen, risultò particolarmente convincente il primo quando accusò la gaullista di volersi mascherare da dura quando in realtà la Francia che proponeva era quella disfattista, pigra e spaventata dalla globalizzazione. Che pensa che il suo paese sia troppo debole per affrontarla e che si rintana nel protezionismo e nel nazionalismo. E si può credere che Macron abbia vinto anche per questo. Va bene che sono onesti, e avranno tutte le migliori intenzioni del mondo ma, se la politica è una cosa seria, una grande sfida ha bisogno di uno sfidante all’altezza. E chi decide di fuggire di fronte alle difficoltà non è da considerarsi indicato per tenere in mano un Paese. Il governo dei grillini è quello del “laissez-perdre”, del voltarsi dall’altra parte delle difficoltà. Meglio che un’azienda se ne vada, lasciando ex-lavoratori in mano allo Stato sociale, piuttosto che rimanga e che ci si debba contrattare. Meglio rinunciare a tutte le opere necessarie al Paese, tanto figurarsi se succede qualcosa di drammatico. Meglio chiudere l’Ilva che salvarla trattando con Arcelor-Mittal. Meglio dare al popolo il reddito di cittadinanza, piuttosto che cercare di creare le condizioni economiche necessarie perché chi ne ha bisogno trovi lavoro. La politica del “laissez-perdre” è la politica della sciatteria, della svogliatezza e della pigrizia. Meglio nazionalizzare che lavorare insieme a dei privati, meglio chiudere i porti di fronte a un fenomeno che governarlo. Perchè in fondo, forse, sanno bene loro come sospettiamo già noi in molti, che quei fenomeni, quelle situazioni e quei problemi che hanno riempito per anni le prime pagine dei giornali non sono in grado di gestirli da soli o forse nemmeno ci provano. Impauriti della loro inadeguatezza, quando poi la provano tutti i governanti davanti alla complessità dei fenomeni della globalizzazione.
E così, a forza di laissez-perdre, prima o poi le conseguenze del loro lassismo arriveranno e si perderà e basta. Peccato, perché saremmo capacissimi di vincere quella sfida invece di restare attanagliati alla coscienza di valere meno degli altri o addirittura zero.
Urge una seduta psicanalatica collettiva per ricostruire l’autostima degli anni perduti e rinvenire l’orgoglio finito chissà dove.