A 10 anni dall’uscita dal best seller La Casta, il 2 maggio 2007, Sergio Rizzo racconta in esclusiva per lanuovaeuropa.it com’è nata l’idea del libro e la genesi del titolo che ha fatto storia.

“Bramini”. Ecco il titolo che avevamo scelto. Bello, bellissimo. Forse un po’ criptico, e allora si era pensato a un sottotitolo esplicativo: “Così i politici italiani sono diventati una Casta”. Era venuto così, di getto, a novembre del 2006. Accadeva grazie a Carlo Alberto Brioschi, allora in forza alla Rizzoli, che ci aveva proposto di trasformare in un libro l’inchiesta sui costi della politica che avevamo fatto sul Corriere della sera giusto qualche settimana prima. L’idea di fare quelle cinque puntate l’aveva partorita Gian Antonio Stella, una mattina di ottobre nella mia stanza al giornale, in via Tomacelli, a Roma. Gli avevo mostrato una tabella che mi aveva girato Mario Sensini, allora il nostro cronista di punta incaricato di seguire la legge finanziaria. Veniva dalla Ragioneria generale dello Stato e conteneva la serie storica delle spese degli organi costituzionali che mostravano tutte quante, nessuna esclusa, una progressione inarrestabile e impressionante. Le uniche voci del bilancio dello Stato che nessun parlamento della Repubblica aveva mai tagliato, nonostante ormai da quindici anni, quando arrivava il momento della finanziaria, non si parlasse d’altro che di tagli ai conti pubblici. Ero convinto che fosse il momento di denunciare la cosa facendo un articolo, e proprio mentre il nuovo governo di Romano Prodi discuteva la sua prima legge di bilancio. Avevo anche accennato qualcosa ai piani superiori del giornale, ma senza suscitare troppi entusiasmi. Gian Antonio si rigirò la tabella fra le mani, e poi sgranando gli occhi disse: “Solo un articolo? Ma questa roba merita un’inchiesta a puntate, con i fiocchi”. Cominciò così.
Inchieste a puntate ne avevamo già fatte, e sempre in totale sintonia. Ricordo bene quella sulla scomparsa del patrimonio immobiliare della Democrazia cristiana. O quella, letteralmente devastante per l’intreccio fra interessi affaristici e politica che saltò fuori, sulla sanità siciliana. Ma questa era diversa, e non molto usuale per un Paese come il nostro. Si entrava infatti nella carne viva del potere senza chiedere il permesso, mettendo in discussione privilegi ormai inaccettabili che avevano contribuito a scavare un abisso fra il Palazzo e i cittadini. E con il libro ancora di più: il capitolo che raccontava come il Quirinale costasse ai contribuenti italiani il quadruplo della monarchia britannica ebbe effetti sconvolgenti.
I dietrologi si sono esercitati a lungo sulla storia di questo libro. Fra questi non è mancato chi è arrivato a teorizzare un’operazione studiata a tavolino contro il governo. Un esecutivo di centrosinistra, tra l’altro, al quale il direttore del Corriere, all’epoca Paolo Mieli, aveva fatto mesi prima un’apertura di credito giudicata da molti sorprendente. Lo stesso Romano Prodi, troppo intelligente per accreditare la tesi assurda della manovra, ritiene ancora oggi tuttavia che parte delle difficoltà patite dal suo governo caduto dopo neppure due anni abbiano avuto a che fare con il nostro libro. Per non parlare di quanti hanno alimentato il fantasma di una trama ordita dai soliti poteri forti (gli azionisti del Corriere, manco a dirlo…) con l’obiettivo di mandare in crisi il sistema politico. Nessuno di loro si è voluto rassegnare alla pura e semplice realtà che fosse solo un’inchiesta giornalistica, nata da due giornalisti che facevano il loro lavoro.
Quanto alle conseguenze, nessuno di noi sarebbe stato in grado di prevederle. Anche se ci era chiaro il clima che si stava diffondendo nel Paese. Perfino nei partiti c’era chi cominciava a interrogarsi sulla deriva ingorda che la politica aveva imboccato in Italia da troppi anni. Cesare Salvi e Massimo Villone avevano appena pubblicato per Mondadori un libro “Il costo della democrazia – Eliminare sprechi, clientele e privilegi per riformare la politica”. Un segnale evidente delle crepe che si stavano aprendo nel sistema.
Cambiammo il titolo una sera all’ora di cena, nella casa di montagna di Gian Antonio dove eravamo rintanati per chiudere alcuni capitoli. Discutendo al telefono con Carlo arrivammo alla conclusione che “Bramini” poteva forse colpire la fantasia di chi avesse letto anche “Siddharta” di Herman Hesse. Per il resto, non funzionava. Meglio andare direttamente al sodo, e chiamarlo “La Casta”. Sottotitolo: “Così i politici italiani sono diventati intoccabili”. C’era tutto. Pure un ironico doppio senso riferito ai paria indiani, gli intoccabili…
Uscì il 2 maggio 2007 in 33 mila copie. Se questa è una macchinazione…