La campagna d’Europa è iniziata nel segno di Altiero Spinelli in entrambi gli schieramenti. Sembra incredibile ma è così.
Se risulterebbe normale che gli europeisti si rifacessero ad uno degli autori del Manifesto di Ventotene in vista delle prossime elezioni comunitarie, risulta clamoroso che siano invece i sovranisti, come ha rivelato La Stampa, ad occupare il campo con una proposta politica degna dei padri federalisti: individuare un candidato unico, uno Spitzenkandidat, per la guida della prossima Commissione che nasca da un accordo preelettorale di coalizione, argomento che si trova proprio nel documento scritto nell’esilio dell’isola pontina evidentemente con tutt’altre finalità.
Del tema ne starebbe parlando da tempo Matteo Salvini con Viktor Orban e Marine Le Pen, volata a Roma proprio per incontrare il leader leghista, anche se il leader magiaro non vuole uscire dal Ppe, dove può indirizzare la scelta del nome da presentare agli elettori il prossimo maggio 2019.
Inutile dire quanto la partita sia decisiva per le sorti dell’Unione Europea: il prossimo Parlamento di Strasburgo risulterà spaccato in tre tra europeisti, populisti e macroniani.
In questo contesto desta sconcerto e non promette nulla di buono l’immobilismo di chi si respira sotto la bandiera dei socialdemocratici europei, e che si rifanno al pensiero di Monnet, De Gasperi e Adenauer.
Dalle parti della sinistra, anche in Italia, paese fondatore, c’è il vuoto.

Ognuno del proprio partito può ovviamente pensare quello che vuole, soprattutto in momenti come questi, dove gli europeisti e i socialdemocratici europei sembrano quasi ammutoliti di fronte al dilagare di formazione sovraniste. Pur condividendo lo sforzo che Gianni Cuperlo e Carlo Calenda, dopo l’appello di Massimo Cacciari, stanno giustamente facendo per rianimare il Partito Democratico, magari sciogliendolo e rifondandolo in qualcosa di nuovo, mi permetto di suggerire un’altra via che è quella della formazione di un Movimento Democratico Europeo.

Staccare la spina oggi al Pd, sarebbe sbagliato perché il Parlamento Europeo ha bocciato la proposta di Emmanul Macron di utilizzare i 76 posti lasciati liberi dagli inglesi a Strasburgo per la formazione di una lista transnazionale europea. In quel caso sarebbe potuto essere utile quello che gli esperti di finanza chiamano spin-off della vecchia Quercia per aderire ad una lista più ampia. Ma scartata questa ipotesi, si è rimasti al vecchio regime e con quelle regole si deve giocare. Abbandonare lo strumento del partito, l’unico ad avere titolo, come gli altri aderenti al Ppe, a presentarsi agli elettori per le prossime consultazioni comunitarie di fine maggio, è quindi proprio quello che si deve evitare. Molto meglio puntare su qualcosa di più incisivo: le primarie dei socialisti europei. In questo senso giova ricordare come Tommaso Padoa Schioppa avesse già  intuito nel 1998 i rischi di un sistema di selezione del Presidente della Commissione fondato sulla scelta del candidato proposto dal partito a maggioranza relativa (quello che avviene oggi) suggerendo piuttosto un sistema di coalizioni, da costituirsi prima e non dopo le elezioni europee (di nuovo, quello che avviene oggi)

Per vincere la battaglia europea contro i sovranisti continentali occorre perciò innanzitutto non dividersi in casa ma avere ben presente quanto già indicava il Manifesto di Ventotene nel 1941, che si spinse ad ipotizzare una ‘’coalizione di movimenti’’ che indirizzasse le forze popolari verso la creazione di una comunità federale. Come ricorda oggi il Movimento Europeo, serve anteporre alla scelta del candidato alla presidenza della Commissione la condivisione di un programma per la legislatura. Conosciamo bene i punti qualificanti di un programma europeo ed europeista, che dovrebbe essere sottoscritto da più soggetti che vadano da Macron a Tsipras: lo stato di diritto, la riduzione delle diseguaglianze, il governo dei flussi migratori, la politica di accoglienza, la lotta ai nuovi monopoli digitali, l’ambiente, la sicurezza esterna e interna, la difesa comune, la riforma della Bce, l’introduzione degli Eurobond, il varo di uno ius soli europeo. 

Perché quindi non sfidare il prossimo candidato dei popolari europei, scelto a tavolino, con un candidato carismatico delle forze social democratiche europee che sia invece l’esito di primarie nazionali di coalizione in ogni paese dell’Unione? Un’opzione del genere – sarebbe stata perfetta una figura come Simone Veil per intenderci e non è detto che alla fine non spunti una figura come Angela Merkel – avvicinerebbe di più le persone al senso di Europa come comunità di destino e non farebbe cadere dall’alto chi guiderà il prossimo, incertissimo governo dell’Ue. Questo sì sarebbe un primo passo di una Nuova Europa, nei fatti e non solo  a parole.

Non regaliamo il Manifesto di Ventotene a chi vuole smontare l’Europa unita.