Mio padre, convinto monarchico, dopo l’armistizio dell’8 settembre del ’43, finì su un treno per la Germania da cui si salvò in modo rocambolesco. Veniva da tre anni di guerra in Jugoslavia dove aveva servito la patria come tenente. Non se ne vergognò mai.

Quando, molti decenni dopo, vide con me l’orrore dei campi di sterminio in un film storico quale Il processo di Norimberga, rimase silenziosamente sconvolto. Aveva fatto la guerra dalla parte sbagliata? Ancora tanta brace covava sotto la cenere. Oggi, 2017, la brace arde ancora.

La decisione italiana di far rientrare alla chetichella la salma di Vittorio Emanuele III di Savoia, senza alcuna giustificazione degna e dovuta ad un paese dalla democrazia matura che ha sanato tutti i conti col passato, fa sorgere il dubbio che tanto matura non sia. E che non abbia sanato tutti i conti. L’Italia ha bisogno della memoria, di parole condivise, di istituzioni che la guidino in questo percorso. Soprattutto in questa Europa dove cresce la xenofobia e il nazionalismo.

Un grande giornalista come Giancarlo Santalmassi si interroga sul silenzio del Quirinale e del Capo dello Stato, che molto probabilmente alla fine illustrerà questa scelta, di cui non dobbiamo assolutamente temere gli effetti ma che necessita di essere spiegata.

E capisco le preoccupazioni della Comunità Ebraica.

“In un’epoca segnata dal progressivo smarrimento di Memoria e valori fondamentali il rientro della salma del re Vittorio Emanuele III in Italia non può che generare profonda inquietudine, anche perché giunge alla vigilia di un anno segnato da molti anniversari”, tra cui “gli 80 anni dalla firma delle Leggi Razziste”, ha sottolineato la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, ricordando che “Vittorio Emanuele III fu complice di quel regime fascista di cui non ostacolò mai l’ascesa”.

“Il rientro ‘clandestino’ di Vittorio Emanuele III è avvenuto due giorni dopo l’arrivo, da Montpellier, della regina Elena.

Nel silenzio di tutti. Questo silenzio, invece quanto spazio da’ alle diverse ‘case Pound’ e ai fascisti che rialzano la testa a Como come su certi campi di calcio”, ragiona invece Santalmassi, storica voce del Tg2, testata sorta anche grazie alle radici dell’antifascismo di Sandro Pertini.

Difficile capire questa indietro tutta sui Savoia a fari spenti nella cronaca ma nella luce dei fatti inoppugnabili della storia, che ha per sempre inchiodato la casa sovrana alle sue responsabilità politiche e sociali.