In un momento di crisi istituzionale come questo, dopo il fallimento del premier incaricato Giuseppe Conte, bisogna mantenere saldi i nervi e aggrapparsi alle poche certezze costituzionali. Le istituzioni, comunque andrà a finire la fase convulsa che il paese sta vivendo, si rispettano, sempre, a partire dalla Presidenza della Repubblica. E a prescindere da per chi si vota. Ci sono 4.000 miliardi di risparmi finanziari da preservare, oltre 500 miliardi di export da proteggere, migliaia di imprese che rappresentano il secondo paese manifatturiero d’Europa che chiedono la calma da mostrare nei momenti drammatici. La speculazione che potrebbe investire di nuovo la borsa e i titoli di stato italiani può essere sventata da una formazione rapida e convinta di un esecutivo di tregua, che sia Carlo Cottarelli o un altro non importa, che conduca l’Italia di nuovo alle urne, possibilmente con una nuova legge elettorale. Bisogna ripartire da lì, da un’Europa più forte e più unita, ma anche dal rispetto degli accordi europei, dalla conferma di voler restare nell’euro, dalla convinta riaffermazione degli accordi comunitari. L’Unione europea si costruisce e si rafforza solo se Francia, Germania e Italia remeranno dalla stessa parte. Senza cercare nemici. E l’Italia, per convincere i suoi partner che non abbia un piano B per uscire dalla moneta unica, deve almeno chiarire quale sia il suo piano A per restare nella moneta unica. Subito. L’impeachment lo rischiamo tutti noi.

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