Il presidente francese Emmanuel Macron esce dal silenzio sul caso di Alexandre Benalla, il suo collaboratore indagato per le violenze il primo maggio a Parigi.

Secondo quanto trapelato dall’Eliseo, il capo dello Stato ha detto che “non ci può essere impunità” per quelli che considera “fatti inaccettabili”. “Nessuno è al di sopra delle leggi”, ha aggiunto alla vigilia dell’apertura dell’inchiesta parlamentare sul caso che sta scuotendo la Francia. Sul caso ecco la ricostruzione di Francesco Maselli per la sua newsletter Marat

Gli addetti alla sicurezza dei capi di stato sono allo stesso tempo tra le persone più riprese da foto e telecamere e più sconosciute al mondo. Alexandre Benalla è una di queste: addetto alla sicurezza dei comizi di Macron durante la campagna elettorale, l’ha poi seguito all’Eliseo come “chargé de mission”, una funzione che viene attribuita a determinati consiglieri della presidenza della Repubblica senza che sia necessario pubblicare la nomina nell’organigramma ufficiale.

All’Eliseo Benalla ha continuato a occuparsi della sicurezza di Macron, e ha continuato a essere ovunque fosse il presidente, conosciuto soltanto dagli addetti ai lavori (dopo un po’ ti abitui a riconoscere chi segue il presidente) e dai servizi di sicurezza della presidenza della Repubblica che, pur in maniera ufficiosa, coordinava. Benalla ha 26 anni, e ha sempre lavorato nell’ambito della sicurezza dei politici: prima con la segretaria del Partito socialista Martine Aubry, poi ha integrato lo staff della campagna elettorale di François Hollande nel 2012, infine ha lavorato come autista di Arnaud Montebourg, all’epoca ministro, ma è stato licenziato dopo poco più di una settimana; pare avesse proposto a Montebourg di scappare dopo aver provocato un incidente.

Questo signore è al centro del più grande scandalo della presidenza di Macron. Il primo maggio scorso, dopo una manifestazione particolarmente violenta a causa dell’intervento di un migliaio di black bloc nel consueto corteo della festa dei lavoratori, un piccolo gruppo di studenti aveva deciso di radunarsi a Place de la Contrescarpe, a pochi metri dal Panthéon. Senza che sia stato chiarito perché, in pochi minuti la situazione era degenerata, e i poliziotti, probabilmente già piuttosto nervosi vista la violenza del corteo della giornata, erano intervenuti duramente. Come accade in questi casi molti militanti avevano cominciato a riprendere la scena con gli smartphone e in particolare un uomo in borghese con un casco della polizia, un walkie-talkie e un badge della polizia, che prima strattona violentemente una donna e poi si accanisce con un manifestante già a terra. Nel video principale si sente il ragazzo con in mano lo smartphone che urla “guardate la sua faccia”, rivolgendosi già alle persone che avrebbero poi guardato e condiviso il video sui social network la sera stessa. In quelle stesse ore erano stati pubblicati altri video che riprendevano la scena da angolature diverse.

La scena è passata inosservata dalla stampa, che non si è resa conto di trovarsi di fronte a uno dei collaboratori più vicini a Emmanuel Macron che prende a cazzotti un manifestante. L’Eliseo invece è stato subito informato, Patrick Strozda, direttore del Gabinetto di Macron, ha chiamato il presidente per capire cosa fare (Macron era in Australia), e il presidente gli ha risposto, secondo quanto fatto filtrare alla stampa dalla presidenza, di “prendere le misure necessarie”. Strozda ha deciso quindi di sospendere Benalla per due settimane ma, di concerto con il ministro dell’Interno Gérard Collomb, informato dei fatti dalla polizia, di non denunciarlo.

Qui ci sono già una serie di fatti gravi. In primo luogo la sanzione appare troppo leggera: Benalla non soltanto aggredisce in modo immotivato delle persone che, almeno dai video circolati, erano inermi, ma si pone come un poliziotto nell’esercizio delle sue funzioni. I reati che potrebbe avere commesso e per i quali adesso è indagato, sono tre: “violenza commessa da parte di una persona incaricata di pubblico servizio”, “usurpazione di funzione”, “porto illegale di insegne riservate all’autorità pubblica”. In secondo luogo il ministro dell’Interno e il capo di gabinetto omettono di sporgere denuncia, come invece previsto dall’articolo 40 del codice di procedura penale: “Ogni autorità costituita, ogni pubblico ufficiale o funzionario che, nell’esercizio delle sue funzioni, acquisisce conoscenza di un crimine o di un delitto è tenuto di darne avviso senza ritardo al procuratore della Repubblica e di trasmettere a questo magistrato tutte le informazioni, processi verbali e atti relativi”.

A più di due mesi dall’accaduto probabilmente all’Eliseo l’incidente è stato dimenticato, ma mercoledì scorso lo scandalo esplode: il Monde pubblica un articolo in cui riporta il video e il successivo comportamento della presidenza della Repubblica, quantomeno negligente. Preso dal panico, Benalla si mette di nuovo nei guai, chiama la prefettura di Parigi e chiede di farsi inviare delle immagini di telesorveglianza, probabilmente per controllare che non ci fossero altri video incriminanti. Per questi nuovi fatti tre funzionari di polizia vengono sospesi, e l’Eliseo decide di intraprendere una procedura di licenziamento dello stesso Benalla, indagato a questo punto dalla procura oltre che per i tre reati citati prima anche per quello di “complicità di manomissione di immagini prodotte da un sistema di videoprotezione”.

L’affaire sta ricevendo una grandissima attenzione mediatica, è in prima pagina dei giornali da giorni e soprattutto ha bloccato i lavori dell’Assemblea nazionale, che in questi giorni sta discutendo della revisione costituzionale per ridurre il numero dei parlamentari e introdurre delle regole di moralità nella vita pubblica. Domani alle 10 il ministro dell’Interno Gérard Collomb riferirà in aula sui fatti, e sono state convocate due commissioni d’inchiesta (una all’Assemblea, una al Senato) per indagare sull’accaduto. Non è uno scandalo paragonabile al Watergate, non ancora, ma è un grande problema da affrontare per Emmanuel Macron. E rivela alcuni modi di funzionamento della macchina del potere che il presidente aveva promesso di volere cambiare.

Come ha scritto Guillaume Tabard, giornalista del Figaro, l’affaire Benalla ha un merito: “Ci libera da questa logorrea del ‘nuovo mondo”, delle ‘nuove pratiche’. C’è il potere e c’è la natura umana. Punto. L’incontro delle due produce scintille, è sempre stato così e non cambierà mai”. Dopo il primo articolo i giornali hanno cominciato a scavare, a ricostruire il ruolo di Benalla, che in questo primo anno di presidenza è apparentemente diventato potentissimo, probabilmente troppo, senza che nessuno all’Eliseo si sia posto il problema sui danni potenziali che questa persona avrebbe potuto arrecare al presidente.

Torniamo ai fatti del primo maggio: Benalla era con la polizia perché autorizzato a fare da osservatore, uno statuto particolare che viene accordato anche ai giornalisti o ai ricercatori che stanno lavorando ad articoli legati alle attività di polizia. Fin qui nulla di strano. Ciò che appare strano è l’abbigliamento di Benalla (chi gli ha permesso di indossare il casco e gli altri segni di riconoscimento? E perché?), e la totale indifferenza degli altri poliziotti rispetto al suo intervento. L’interpretazione più probabile è che nessuno volesse farsi nemico un personaggio al centro del dispositivo di sicurezza dell’Eliseo, che non perdeva occasione per rimarcare la sua superiorità e il suo potere di fronte agli ufficiali delle forze dell’ordine. Tra la polizia era diffusa l’opinione che Benalla fosse “intoccabile”, e pare che fosse per questo molto malvisto. In questi giorni per i giornalisti non è stato difficile raccogliere testimonianze in forma anonima di ex colleghi o di poliziotti informati dei fatti.

I suoi atteggiamenti lo dimostrano: lunedì scorso, quindi dopo la prima sanzione dell’Eliseo, Benalla era all’aeroporto di Parigi ad accogliere la nazionale di calcio tornata dal mondiale in Russia, quando un ufficiale della gendarmeria gli ha chiesto di farsi da parte. “Stia attento, lei non sa con chi sta parlando” gli avrebbe urlato Benalla, prima di aggiungere: “Il prefetto lo mando affanculo”. Benalla è poi salito sull’autobus dei blues, partecipando alla sfilata sugli Champs Élysées, e poche settimane prima aveva partecipato in prima fila alla cerimonia per Simone Veil, seppellita al Panthéon e alla parata del 14 luglio, a pochi metri dal palco principale. Come detto, la sera di mercoledì scorso, dopo la pubblicazione del primo articolo, ha chiamato in prefettura per farsi inviare i video della giornata del primo maggio, video che gli sono stati puntualmente consegnati. D’altronde chi si oppone a una richiesta diretta dell’Eliseo? Un abuso di potere bello e buono, una consegna che, come hanno sottolineato molti avvocati invitati in televisione, una persona normale o un avvocato non potrebbe ottenere.

Rimangono quindi molte domande, alle quali l’Eliseo (forse Emmanuel Macron in persona), dovrà rispondere.

Perché il ministro degli Interni e il capo di Gabinetto hanno deciso di non denunciare Benalla il 2 maggio, quando il suo comportamento grave era già stato accertato? Qualcuno ha “coperto” Benalla, temendo ripercussioni come quelle che stiamo vedendo adesso?

Com’è possibile che un addetto alla sicurezza potesse muoversi con così tanta libertà tra l’Assemblea nazionale (pare avesse un badge per entrare e uscire a suo piacimento dal Parlamento), ministeri, Eliseo, eventi?

Emmanuel Macron non gestisce in prima persona la disciplina dei suoi collaboratori, questo è chiaro. Ma Benalla è visibilmente una persona con cui il presidente è in rapporti molto stretti, lo segue ovunque, ascolta moltissime conversazioni (anche riservate?), è un uomo chiave del dispositivo. Una volta a conoscenza dei fatti Macron avrebbe potuto pretendere una sanzione più grave, o almeno diffidare di qualcuno poco avvezzo al rispetto delle regole. E invece Benalla ha continuato a essere presente in tutte le uscite pubbliche più importanti, senza che nessuno si ponesse il problema.

Infine, Benalla ha avuto accesso a segreti di stato o informazioni compromettenti? E’ una domanda che molti giornalisti si stanno ponendo, vista la reticenza con la quale l’Eliseo ha avviato la procedura di licenziamento (48 ore dopo la prima rivelazione del Monde), e la discrezione tenuta finora da parte di tutta la presidenza della Repubblica.

Macron, che credeva di passare un’estate tranquilla prima di cominciare la nuova stagione dove dovrà presentare una serie di riforme molto complicate (tagli alla spesa pubblica e pensioni su tutto), rischia di dover stravolgere i suoi piani: se le rivelazioni continuano a riempire le pagine dei giornali non c’è azione di governo che tenga, l’opinione pubblica si concentrerà soltanto su Benalla. Per un presidente che ha teorizzato di essere il “maître des horloges”, il padrone dell’agenda politica, è una pessima notizia.