Se “il sonno della ragione genera mostri”, come recita il titolo di una famosa acquaforte di Francisco Goya, il “sonno” della spending review italiana per ora genera solo libri. C’è un dettaglio inedito che può contribuire a spiegare il paradosso. Roberto Perotti, l’economista bocconiano fino a poco tempo fa consulente di palazzo Chigi per la revisione della spesa, sta mettendo a frutto la sua sfortunata esperienza in un libro. Che però rischia di essere l’ultimo di una lunga serie. Poco prima di lui un altro ex “Mister Forbici”, Carlo Cottarelli, aveva dato alle stampe una fatica economico-letteraria dall’eloquente titolo “La lista della spesa”. La realtà è che le soluzioni per razionalizzare una spesa pubblica cresciuta di 300 miliardi di euro negli ultimi 15 anni, fino ad arrivare agli 820 miliardi attuali, sono sotto gli occhi tutti. Dal 1986 a oggi si sono succedute due Commissioni tecniche e otto tra Commissari e subcommissari. Sul piatto sono rimasti libri e dossier da cui si può ricavare un decalogo di cose da fare velocemente per ricavare anche più dei 10 miliardi di euro l’anno che l’attuale Governo aveva promesso per il 2016.
1) COSTI STANDARD NELLA SANITA’. Come è possibile che una protesi tibiale costi 199 euro in alcune regioni e 2.479 in altre, con una maggiorazione dei costi del 1.145%? E come si spiega che un’anca in ceramica sia pagata da alcune Asl 284 euro e da altre 2.575, con una differenza dell’806%? La risposta sta nelle parole spreco e corruzione. Tutti i Governi conoscono ormai alla perfezione quali sono le regioni dove si spende meglio e i conseguenti costi standard da applicare alle altre. Ci vuole la forza politica di imporre una soluzione nota a tutti.
2) COSTI STANDARD NEI COMUNI. Che poi la filosofia dei costi standard potrebbe essere benefica anche se applicata a diversi organi di governo. Sono anni, per esempio, che si prova a farlo nei comuni. Per avere successo, però, sarebbe necessario che tutti gli 8 mila municipi facessero pervenire al Governo centrale dati di spesa storica per far capire chi ha speso meglio di altri e dedurne costi standard applicabili a tutti.
3) STAZIONI APPALTANTI. Oggi in Italia ci sono 35 mila centri di spesa. Un’assurdità, per uno Stato che spende circa 135 miliardi l’anno in forniture di beni e servizi. Il tema è noto da sempre e l’attuale Governo sta faticosamente cercando di ridurne il numero a una trentina.
4) SOCIETA’ PARTECIPATE. Secondo il ministero dell’economia sono 7.726. Per l’ex Commissario Cottarelli almeno 10 mila. Troppe. Che fine hanno fatto quelle norme che chiedevano la chiusura dei carrozzoni locali che hanno più amministratori che dipendenti e “vantano” almeno tre esercizi in perdita? Anche qui, basterebbe applicarle. Per lo stesso Cottarelli i margini di risparmio sarebbero tra i 2 e i 3 miliardi.
5) IMMOBILI PUBBLICI. L’Italia è proprietaria di un patrimonio immobiliare pubblico che vale 368 miliardi. Rebus sic stantibus appare del tutto incomprensibile che lo Stato, considerando anche gli enti locali, paghi locazioni passive per 12 miliardi l’anno. Anche qui sprechi e malaffare, con soldi che spesso finiscono agli immobiliaristi amici degli amici.
6) TAX EXPENDITURES. In un sistema fiscale sano non possono coesistere centinaia di deduzioni e detrazioni che poi finiscono col trasformarsi in regali. Nel 2011 l’allora sottosegretario all’economia Vieri Ceriani censì 720 “tax expenditures”, ossia agevolazioni fiscali che in tutto drenano 250 miliardi di euro l’anno. Anche qui, alcune agevolazioni sono sacrosante. Ma altre, per esempio all’agricoltura o al settore dei trasporti, da anni sono individuate come non più giustificabili.
7) AGEVOLAZIONI ALLE IMPRESE. Secondo l’economista Francesco Giavazzi, che fu collaboratore dell’ex Commissario Bondi, nel 2011 valevano 36 miliardi di euro. Per carità, non tutte sono inutili. Ma Giavazzi, incaricato dal Governo, individuò un piano per tagliarne 40 e risparmiare 10 miliardi l’anno. Piano morto e sepolto.
8) PRESTAZIONI INAIL. Un corposo dossier di Cottarelli ha acceso un faro sull’esistenza di ben 13 prestazioni erogate dall’Inail al costo di 5 miliardi l’anno. Accanto a quelle ineliminabili, come la “rendita diretta” o la “rendita a superstite”, ve ne sono alcune così polverizzate da rendere complicati i controlli e molto elevati i rischi di prestazioni indebite.
9) FONDAZIONI POLITICHE. La lista è lunga. Fondazione Basso, Fondazione Craxi, Fondazione De Gasperi, Fondazione Donat Cattin, Fondazione Magna Carta e chi più ne ha più ne metta. Tutte infarcite di politici. Sono decenni che ricevono ogni anno finanziamenti dal ministero delle attività culturali per non meglio precisate attività di ricerca. Visto che il finanziamento ai partiti dal 2017 scomparirà, forse è meglio chiudere del tutto questi canali che rischiano di riproporlo in maniera surrettizia.
10) FONDI UE. Alla fine di ogni anno l’Italia perde per strada miliardi di fondi europei perché non riesce a pianificarne una spesa tempestiva. Questo è uno dei punti su cui si sono stati scritti più libri in assoluto. Forse è il caso di fare una spending review di questi libri, scegliere i più significativi, e applicarne una volta per tutte le soluzioni.