La decisione di sostituire Sergio Marchionne in tutte le posizioni di nocchiero nel mondo che fu Fiat, per via di una malattia misteriosa quanto forse spietata, riempiranno le prime pagine di tutti i giornali del mondo. In parte era stata annunciata da egli stesso, in parte ha preso una piega emergenziale negli ultimi giorni.
L’uomo dal maglione nero, colui che ha preso l’azienda automobilistica degli Agnelli, quale incredibile Valletta del duemila e l’ha portata fuori dal baratro, è stato capace di mettere insieme il diavolo e l’acqua santa: piacere e convincere Barack Obama a cedergli Chrysler con sostanziosa dote di aiuti del Tesoro, e allo stesso tempo stringere un patto di non aggressione con Donald Trump, nel momento in cui il presidente americano sta imponendo dazi sull’acciaio a tutto il mondo. Roba da segretario generale dell’ONU o da Yalta, fate voi.
Si scriveranno fiumi di inchiostro ora che la sua era pare volgere al termine per come l’abbiamo conosciuta finora. Chi lo incenserà per la sua rude visione del mondo, chi lo criticherà per la troppa finanza iniettata nell’ultima industria pesante rimasta. Ma l’uomo ha mostrato cosa deve fare un manager: guidare un’azienda. Senza se e senza ma. Il suo successore in FCA sarà Mike Manuel, mentre per il suo sostituto in Ferrari come Ad si parla di Louis Carey Camilleri e dello stesso John Elkann come presidente.
Le parole e il ricordo di Paolo Panerai, che su di lui per primo ha scritto un libro intitolato appunto “L’uomo dal maglione nero” sembrano le più appropriate per tracciarne un profilo. Eccole, tratte da milanofinanza.it.

Un Guerriero dal maglione nero. Chi avrebbe mai pensato che potese essere sconfitto? Infatti nessuno, sul piano imprenditoriale, l’ha sconfitto. Anzi, ha vinto sempre lui. Sta vincendo anche con la Ferrari, forse la sua unica, vera passione oltre il lavoro. Ma le ultime notizie sulla salute di Sergio (ci siamo dati istintivamente del tu, dal primo incontro) riconducono alla miseria umana, che ancora la scienza non è riuscita a migliorare in maniera decisiva. Certo, sarà un problema enorme sostituirlo, perchè una persona, un manager, un imprenditore, un uomo come lui non è sostituibile. Ne nascono uno ogni secolo.

Quando Gianluigi Gabetti, richiamato ai vertici dell’Ifil e della Giovanni Agnelli & C. Per la morte dell’Avvocato e del fratello Umberto, lo propose alla tribù che era la più grande famiglia torinese, alcuni, nell’adunanza in corso Marconi, subito dopo la sepoltura di Umberto, non si mostrarono favorevoli. Come, dissero, diciamo di no al’ammnistratore delegato Giuseppe Morchio, che vorrebbe diventare anche presidente, e così rischiamo di perdere anche lui? La risposta di Gabettifu secca, anche se con i toni felpati dell’uomo che da sempre ha fatto la fortuna degli Agnelli: ho io il sostituto di Morchio e alla presidenza nominiamo Luca Montezemolo. Furono decisisive non solo le parole di Gabetti , ma anche l’intervento di Susanna Agnelli. E la scelta fu compiuta.

Due numeri per spiegare l’era di Marchionne :  prese la Fiat che perdeva due milioni al giorno oggi il gruppo chiuderà con due miliardi di utili consolidati. Anche se è sempre sembrato un manager apolide, da oggi Fca è un po’ meno italiana. E non  è una buona notizia.