L’Ocse sostiene che in Italia il tenore di vita è fermo al 2000. Guarda il dito ma non la luna. Che
nello specifico è il fatto che dal 2002 il paese è entrato nell’euro, un grande successo
indubbiamente, ma che ha inasprito invece che ridurle, le differenze sociali. I tanti commenti si
sono soffermati più sugli aspetti di colore del report dell’organizzazione parigina piuttosto che su
una disamina di cosa sia accaduto in Europa nel nuovo millennio.
Sono quattro i fattori che hanno cambiato il piccolo mondo antico da questa parte dell’oecano dal
2001 in poi: la guerra al terrorismo islamico dopo l’attacco dell’11 settembre alle Torri Gemelle di
New York, la globalizzazione che oggi permette ad alcune multinazionali digitali di fatturare più di
un grande paese, l’allargamento ad Est dell’Unione Europea e, appunto l’avvento della moneta
unica senza unione fiscale e bancaria. Si tratta di quattro fattori che rappresentano, ognuno a suo
modo, le concause dell’aumento delle diseguaglianze, dell’impoverimento degli Stati e della classe
media, che hanno dovuto fronteggiare prima la crisi dei debiti sovrani e poi la recessione. L’esito
finale di questo percorso, che ha colpito in vario modo e con intensità diversa tutti i paesi fondatori,
è stato pensare che con il ritorno delle piccole patrie si potesse dare una risposta a oltre cento
milioni di europei che stanno scivolando verso l’esclusione sociale. Prima ancora di capire cosa
accadrà di questa maionese impazzita, non si può però non affrontare il toro per le corna e chiedersi
con un grande dibattito pubblico e senza ipocrisie se l’euro in Italia ha portato benessere o ha
aumentato le differenze del potere d’acquisto. I dati e le stesse ammissioni di chi all’epoca governò
l’avvio dell’Unione monetaria, confermano che qualcosa è andato storto, tra arrotondamenti nel
periodo di doppia circolazione lira-euro, aumenti fraudolenti di molti generi di largo consumo e
mancati controlli, uniti peraltro ad un cambio troppo sfavorevole. Questo mix esplosivo ha infranto
il principio di diritto non scritto per cui nelle democrazie occidentali chi ha una eredità non può
comunque prevalere su chi parte da zero (motivo per cui in Francia esistono sui lasciti tasse
altissime). Invece dal 2002 questo è accaduto. Chi aveva una rendita e investimenti da fare ha
goduto della riduzione dei tassi d’interesse e ha comprato beni mobili e case, tante case. Chi aveva
solo da vivere grazie ad un reddito da lavoro dipendente, magari stando in affitto, ci ha perso. La
prova l’ha fornita, ben prima dell’Ocse, uno studio della Banca d’Italia che ha dimostrato come la
ricchezza degli italiani negli ultimi vent’anni sia dipesa per i due terzi dalla fluttuazione dei prezzi
degli immobili.
Sostenere che la classe media stia peggio solo per i problemi endemici dell’economia nazionale non
fa quindi i conti con questo aspetto fondamentale che ha cambiato la vita tutti. Ammetterlo una
buona volta non significa voler tornare alla moneta nazionale ma solo togliersi finalmente i
paraocchi. Gli italiani se li sono levati da un pezzo.