di Roberto Sommella

Spiace davvero dover scrivere le parole che seguono ma sono frutto della razionalità e non del cuore, che batte sempre per lo spirito di Ventotene.
In quel confino ora ci siamo finiti tutti,  ognuno nella sua cella nazionale. Dovremo lavorare sodo per segare quelle sbarre. Nessuno avrebbe potuto ragionevolmente pensare che potesse essere un cigno nero e non un derivato a distruggere l’Unione Europea ma quello sta accadendo. Il virus ha la potenza di fuoco di mille titoli sub-prime, di un milione di Lehman Brothers. Eppure, a differenza dei prodotti finanziari creati dall’uomo, questa volta è proprio l’uomo che, essendo attaccato dal Covid-19, può trovare la soluzione. E sarà solo una soluzione umana a far uscire il mondo da questo incubo.
Per l’Italia, paese fondatore e comunque nonostante le porte in faccia ancora profondamente europeista, la strategia di uscita dalla crisi non può che essere una soluzione di unità nazionale, che passi da una legge da approvare subito, che dica all’articolo 1 una cosa molto semplice: nessun lavoratore italiano perderà il suo posto di lavoro e comunque qualora lo perda verrà assunto dalla pubblica amministrazione. Non è il momento di disquisire sul debito pubblico italiano e sullo spread e questo per un evidente motivo: nonostante le rassicurazioni della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, tutti i paesi europei hanno già disdettato nell’ordine i trattati di Maastricht e Schengen, il Fiscal Compact e il Patto di Stabilità. Ognuno va avanti per suo conto.

La Germania fa da sé, con i suoi 550 miliardi di euro annunciati dal governo, per Angela Merkel penserà ai suoi 80 milioni di cittadini. La Francia si chiuderà a riccio, pronta a rilevare a prezzi di saldo quel che resta del nostro tessuto economico, a cominciare con Euronext, che ha in tasca un’offerta per comprare la Borsa di Milano e in attesa che il suo sovrano Emmanuel Macron decida cosa fare dei sudditi e delle loro celebri ed universali libertà. La Gran Bretagna si è già alleata con l’America di Donald Trump, pronta ad affrontare l’emergenza con lo spirito (ma non le qualità di un Winston Churchill) di quando su Londra piovevano le bombe naziste. Gli Stati Uniti salveranno sé stessi, come ha annunciato chiaramente il segretario al Tesoro Steven Mnuchin. Non c’è più nessuno sbarco in Normandia da organizzare. Tutte le autorità comunitarie sono senza armi. Il Parlamento è riparato a Bruxelles ma non ha nemmeno approvato il bilancio dell’Unione ed è dunque in esercizio provvisorio. La Commissione non ha perciò alcuna munizione da offrire ai paesi membri, se non l’inutile rassicurazione di lasciargli fare il deficit che vogliono, come se durante una guerra uno dovesse attendere per sparare il via libera della Svizzera. La Banca centrale europea, pur avendo messo in piedi una serie di misure per salvare di fatto le banche, non può salvarsi dalle dichiarazioni scriteriate della sua presidente Christine Lagarde, né pare in grado di modificare il suo statuto e di effettuare immissioni di denaro nell’economia reale, come sta invece facendo la Federal Reserve.
L’Italia in questo frangente è dunque sola e da sola dovrà fare. A cominciare dall’articolo due di questo decreto di salvezza pubblica: l’istituzione di un Comitato di saggi per la programmazione economica per la ripartenza del Paese e dalla creazione di un’area a fiscalità di vantaggio per Milano e la sua Piazza Affari, perché proprio da Milano si dovrà ripartire, come è sempre accaduto nella storia d’Italia.
Qualcuno potrà obiettare che il debito pubblico aumenterà a dismisura, ma a mali estremi non ci sono che estremi rimedi. In questo momento nel mondo ci sono solo quindici persone che prezzano il rischio paese e dunque possono influire sullo spread e sulle agenzie di rating. Le grandi banche internazionali e i grandi fondi di investimento stanno già valutando la capacità di tenuta dell’intera eurozona e anche di Roma, ma è difficile che possano pensare ai libri contabili, al differenziale di interesse, alla leva finanziaria, in presenza di una guerra batteriologica.
Articolo tre: coraggio, coraggio, coraggio. Senza paura e tutti insieme possiamo farcela. Da questo male ne uscirà un’Italia migliore, più competente e un’Europa più forte, più umana e meno burocratica. Ma non si aspetti a costruire sulle macerie. Ripartiamo dal Trattato di Roma, firmato da uomini e pensato per gli uomini. (riproduzione riservata)